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30 | della lega lombarda |
vano i popoli, consigliati dalla tradizione, e quasi certificati dal pratico giudizio, che dai fatti andava a riflettersi sulle loro menti, credettero ed operarono col rincalzo della forza; e gl’Imperadori bizantini furono tenuti successori di Augusto.
Ma sgombra Roma e l’Italia della presenza imperiale, conquassata dai Barbari, l’idea dell’Impero scemò nelle menti, che non vedevano via ad uscire da tanti mali, nè civile potestà che le scampasse da quel disordine. Oppressi i Romani dai Barbari, nudi di pubblica tutela, si volsero al Papa ed alla Chiesa, donde solo veniva un conforto, solo la difesa non colle armi della forza, ma colla onnipotenza della Religione; e tutti si persuasero che il diritto dell’Impero Romano, impotentemente esercitato dai Cesari bizantini, fosse venuto a posarsi tra le mani dell’Impero teocratico de’ Pontefici. Imperocchè da questi la forza della morale conquista de’ popoli al Vangelo, da questi la sola sapienza legislativa a comporre la patria dell’umanità. L’Impero dunque morto riposava nella storia, viveva solo non nel mutabile e fallibile diritto degli uomini, ma nel fatto immutabile e infallibile della carità umanitaria della Chiesa.
Roma e Bizanzio incominciarono a guardarsi come rivali: e le gelosie bizantine furono un chiarissimo argomento della esistenza di qualche cosa nella antica regina delle genti, che intorbidava la pace degli Imperadori orientali. Roma era stata inabissata dai Barbari, non le avanzava che la memoria della sua grandezza; il solo Papa le tirava sopra la riverenza di tutto il mondo, e la rendeva fondamento di ogni civile speranza, pel conforto che spandeva sulle affrante generazioni. Non era l’ambizione di qualche riputato capitano, come Belisario, Ezio, il conte Bonifazio, che faceva paura, non quella di un Re o Duca Longobardo, che avesse potuto attingere alla cima del R. Imperio; ma bensì quella tradizionale coscienza de’ popoli di unico potere universale, quale ottenne Augusto, e che nello spirito del diritto andava riposandosi nelle mani del vescovo di Roma, solo rivestito di universale e benefico potere. Le gelosie non