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libro quinto | 347 |
manifesto segno del favore de’ Cieli, con cui assecondavano la lombarda libertà, il quale o dalle calde fantasie del popolo veduto, o da un pietoso artificio trovato, recava sempre inestimabile fidanza in anime temperate alla italiana. Conta il Fiamma, che nel dì della battaglia di Legnano, certo prete Leone vedesse dall’altare de’ santi martiri Sisinnio, Martirio ed Alessandro, de’ quali si celebrava la festa appunto in quel giorno, levarsi a volo tre colombe, e andarsi a posare sull’antenna del Carroccio, quasi messe da Dio ad annunziare la vicina vittoria1. Non so se le vedessero i soldati; ma furono viste da Leone, e bastò.
Come questa vittoria rese consapevoli gl’Italiani della loro forza a conservare il tesoro della libertà, sfiduciò al tutto l’animo di Federigo, che era uomo tristo, ma da senno, e pratico degli uomini. In pochi mesi ben due eserciti gli avevano distrutti: raccozzarne un terzo non era facile negozio, nè tanto presto poteva tornare alle offese, da prevenire quella subita elevazione degli animi Lombardi, che seguitò la giornata di Legnano, per cui più baldi ed uniti gli avrebbero tenuto fronte. Per la qual cosa come ricomparve inaspettato in Pavia, rotto, invilito e quasi vivo documento della infallibile arma, con cui gli aveva ferito lo spirito il Vicario di Cristo, si piegò tutto alla pace, che veramente bramava. Spedì tosto suoi oratori quel gentiluomo di Cristiano eletto Arcivescovo di Magonza, Guglielmo eletto Arcivescovo di Magdeburgo, e Pietro anche eletto Vescovo di Vormazia ad Alessandro per aprirne il trattato.
Era Papa Alessandro alle stanze di Anagni, quando riseppe della rotta di Legnano, e gli si presentarono gl’im-