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310 | della lega lombarda |
di paci, punitore di ribelli, premiatore di fedeli; in una parola, richiamando in vita in quelle matte contrade la buona memoria di Federigo. Nel parlamento tenuto presso Siena Cristiano si vide attorno pendenti da’ suoi cenni il Prefetto di Roma, quei della città d’Ancona, il Marchese di Monferrato, il Conte Guido ed una moltitudine di Valvassori e Consoli della Toscana, dell’Umbria e della Romagna1. O egli non la faceva da giudice intero, o le sue sentenze non erano accolte da una delle parti, lungi dal sedare, stimolava a guerra l’Arcivescovo, ora a Genova, ora a Pisa favorendo, fino a che s’ebbe ben rifornito di milizie, che lo seguivano come capo di fazione. Così Federigo trovò chi lo accogliesse in Italia, pronto che fosse a discendervi con opportuno sforzo.
Contristavano queste pazzie genovesi e pisane l’animo dei collegati Lombardi; i quali al risapere come Genova nell’anno 1171 avesse amorevolmente accolto l’Arcivescovo Cristiano, se ne sdegnarono fortemente, ed a punirla di quello, ch’era un vil tradimento alla patria, bandirono che non si recasse dal paese Lombardo grano o altre vettovaglie a quella città; per cui vi misero dentro un assai grande carestia2.
Erano in molta agitazione di spirito i Lombardi a munirsi contro il venturo Imperadore. Correvano voci de’ grandi apparecchi che questi faceva in Lamagna per ristorare in Italia l’imperiale decoro: sapevasi delle calde pratiche del Marchese di Monferrato e de’ Pavesi presso il medesimo per affrettarlo a muovere in loro aiuto; sapevasi, essersi ben fornito l’Arcivescovo Cristiano, e pigliar voli più alti. Si apparecchiavano ad una guerra, dall’esito della quale pendevano le sorti della lombarda libertà. Si assembrarono in Modena i Collegati in un grande parlamento: v’intervennero i Consoli di Milano, Brescia, Piacenza, Cremona, Par-