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296 | della lega lombarda |
di buona fede si partisse il danaro, di che soccorrevali il Comneno e Guglielmo di Sicilia; si ristorasse con questo Venezia del dispendio delle legazioni sostenute presso quei Principi a pro della Lega: i danni patiti dalle città in armi e cavalli si riparassero per comuni provvidenze, ed a comune profitto andassero i prigionieri avanzati allo scambio, che ciascuno avesse fatto de’ proprî; non si occultassero i traditori; non si ponesse mano a particolari trattati, inconsapevole la Lega: supremi Rettori avessero l’indirizzo dei federali negozî, ad essi la cura della comune tutela, la condotta, della guerra, l’arbitrio delle discordie, le dispensazione del censo federale, ed ove necessità il volesse, il rimutare degli statuti giurati: pendesse ciascuna città da’ cenni dei Rettori; li sconoscesse, se convinti di corruttele1. Non sappiamo il luogo di questo famoso parlamento. Vero è che il giuramento prestato dell’osservanza di questi statuti non fu punto fallito, trovando che per questi prosperasse grandemente la Lega. All’uffizio del Rettorato vennero quasi sempre scelti i Consoli delle varie città. Due Rettori andavano innanzi agli altri, chiamati Rectores societatis Civitatum; un de’ quali presiedeva alla Lombardia ed alla Romagna, l’altro alla Marca di Trevigi, ed a questi era commessa la somma de’ negozî federali2.
Fino a che Federigo fosse stato in Italia, premeva forte i Collegati l’obbligo della scambievole difesa, e perciò di tenere in piedi un conveniente sforzo militare. Furono messi in armi ben venti mila uomini; e con questi non solo tenevano in rispetto, ma minacciavano Barbarossa3.
Costui non ignorava del gran parlamento federale, di questi armamenti e della sua impotenza a tenersi più lungamente in Italia. I sospetti lo rendevano irrequieto, temeva