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della sua Milano, il radunamento del suo gregge. Orava il santissimo uomo sul sepolcro de’ Martiri, ed il vessillo della Croce bianca già sventolava su le mura di Milano.

Come glie ne venne notizia, esultò tutto di gioia; voleva incontanente muovere a rivedere la rinascente patria, ed a riparare le sorti della conquassata sua chiesa. Premevalo il santo desiderio, lo rintuzzava il tedesco esercito, che appunto in que’ dì infestava Roma. Se ne uscì sconosciuto sotto la veste di pellegrino; navigò per Venezia e giunse felicemente in Lombardia. Al primo giungere a vista di Milano, riprese, le insegne pontificali, e quelle di Legato apostolico, avendolo Alessandro deputato a tenere le sue veci ne’ negozî di tutta la chiesa Lombarda; lo che valeva anche in quelli della Lega. Tutto il popolo e la cheresia milanese uscì fuori ad incontrarlo, e con incredibile festa lo condusse nella Basilica di S. Ambrogio.

Messo in seggio Galdino, volse tosto l’animo alle cure non solo della sua chiesa, ma anche della Repubblica. Nella stessa Basilica Ambrosiana, assiso ancora su la pastorale cattedra, chiamò a consiglio i maestrati della città. Ascoltò da essi il dolente racconto dei casi della comune patria, il prospero dilatarsi e raffermarsi della Lombarda Lega; disse delle provvidenze a riparare i mali, ad assicurare il bene. Alle parole fè seguire i fatti. Costernò in guisa tale, solo colla presenza, gl’imperiali scismatici, che questi da persecutori che erano della sua chiesa, addivennero repentinamente innocui, o, colti dal pentimento, cercatori di perdono a’ suoi piedi. Con ispirata favella sermonava tutto dì al popolo, fulminando l’intruso Pasquale ed il sagrilego Barbarossa: ed ovunque fossero loro satelliti, li andava con terribile zelo cacciando. Purgò le chiese suffraganee della mala zizania: ne sterminò i contaminati pastori. La chiesa di Lodi abbandonata lungamente in balia degli scismatici si attirò sopra le cure più calde del magnanimo Galdino. Egli vi mandò fedeli ministri gli Abati di S. Ambrogio e di S. Vincenzo di Milano, che animosamente tuonavano al popolo