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belli le città collegate, le sottomise al bando dell’Impero (eccettuando Lodi e Cremona, che sperava, riguadagnare colle buone) giurò prendere una segnalata vendetta, gittando il guanto in mezzo all’assemblea. Il guanto fu raccolto invisibilmente dalla Lega1.

Incominciarono le ostilità. Con quell’avanzo di esercito tedesco, e colle milizie feudali Federigo assistito dalle anzidette città, mosse tosto ai danni di Milano. Si gittò furibondo su le terre di Rosate, Abbiategrasso, Magenta, Corbetta ed altre. Credeva scorrazzare come una volta; ma la Lega gli diè il tratto alla cavezza. Repentinamente si mossero dalle stanze di Lodi che guardavano, i Bergamaschi, i Bresciani, i Lodigiani; e dalla guardia di Piacenza i Cremonesi e i Parmigiani, e uniti gli corsero sopra a dargli la caccia. Il Tedesco si cavò fuori al più presto da quel cimento, dando per Pavia, donde senza posare, cavalcò contro Piacenza, che sperava cogliere alla sprovista: ma vi trovò ben preparati i federali. Egli non voleva aver che fare con essi; voleva sfogare la rabbia su gl’inermi, ed impinguare i suoi: non glielo permisero i collegati. Lo tirarono a battaglia, e lo voltarono in fuga con molto danno dello imperiale decoro2. Così impotente a quelle vendette, che aveva giurate nel parlamento di Pavia, logorò tutto l’inverno, errando pe’ territori di Vercelli, di Asti, del Monferrato, sempre pronti i collegati a dargli su le mani, ove le avesse stese a toccarli3.

Le cheresia di Milano in tutto questo conflitto delle Repubbliche coll’Impero si addimostrò veramente tale quale debbono essere i ministri del Santuario mentre il popolo fatica alla propria rigenerazione civile. Non si accostò all’oppressore per mercanteggiare il tesoro della divina parola, non intimorì la plebe con importune paure; non la

  1. Otto Moren. 1137.
  2. Epist. S. Thom. Cantuar. lib. 2. Epist. 66.
  3. Otto Morena p. 1159.