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290 | della lega lombarda |
parti eravisi introdotto con una mano di Tedeschi e di Lombardi, e si mostrava deliberato ad ostinata difesa. Gittato un ponte sull’Adda i collegati, sull’opposta ripa apparecchiarono i consueti mangani e catapulte a battere la terra. La investirono, ma con poco frutto, sendo inespugnabili le mura. La fame costrinse il Ruino ad arrendersi. I terrazzani furono lasciati andar liberi, prigioni i Tedeschi con pochi Lombardi, ed il tesoro di Federigo recato ai Milano. Trezzo fu spianato e consumato dal fuoco.
Non furono in quell’anno 1167 altre fazioni, bensì pratiche fervidissime ad accrescere il numero de’ collegati. Ed io mi penso che le novelle dell’esercito tedesco divorato dal male delle maremme affrettasse la riunione di molte città. Già eransi accostate alla Lega di Pontida, e forse fin da principio, le città federali della Marca Veronese, trovandole nominate ne’ patti della resa di Lodi; e oltre a queste, Piacenza, Parma; Ferrara: Bologna, di fresco taglieggiata e con trenta de’ suoi cittadini statichi in mano di Federigo, non appena questi ritrasse l’esercito dal suo territorio, diè il commiato al Podestà, tornò ai Consoli, e venne ad ingrossare la Lega1.
Lodi sfuggitagli dalle mani, Trezzo distrutto, la Lega già potente avevano ammaestrato il Barbarossa, che la furibonda tirannide poteva contristare ed uccidere i corpi, non però rimutare le anime Lombarde. E nella disperazione, in cui l’aveva traboccato il repentino esterminio dall’esercito, forse pensava allentare le briglie dello stemperato imperio, e con cesarea clemenza medicare le piaghe, che aveva aperte nella misera Lombardia. Ma quelli non eran più tempi di clemenza ma di giustizia, di cui lo minacciava la terribile iracondia di un popolo, che inascoltato colle croci in mano, ora gli gridava sul capo colle spade in pugno.
Lasciato in Viterbo l’ambizioso Pasquale, e con ogni cautela schivate le città entrate nella Lega Lombarda, chiuso