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libro quarto | 289 |
so se dall’odio, che ancor portavano a Milano, o dal timore di Federigo. Risposero «Essere quelle loro mura risorte, la mercè dell’Imperadore; non regger loro l’animo di ribellare a tanto benefattore; bensì essere paratissimi al dispendio della vita e delle sostanze per conservargli la fede» Tornarono i Cremonesi con altra ambasceria a tentarli; ed ebbero una più dura risposta.
Allora significata la cosa alle città della Lega, si convenne, non potendo aver con loro amica Lodi, essere prudente consiglio rendersela nemica innocua; e le mandarono intimando la guerra. Le federali milizie la cinsero di assedio: si tennero per alcun tempo i Lodigiani virtuosamente combattendo, finalmente per angustie di fame si arresero. Ebbero così con molto valore testimoniato il Barbarossa della loro riconoscenza; e quasi sdebitatisi con lui, senza rimorsi entrarono nella Lega. Amorevolmente accolti, con pubbliche scritture si diffinirono i patti della loro unione. Le federali città di Milano, Bergamo, Cremona, Brescia rispetterebbero il territorio di Lodi; minacciata dal nemico, la fornirebbero a proprie spese di oltre a mille uomini che la difendessero; le darebbero aiuto a meglio condizionarle le mura; rimanessero francati i cittadini dall’antica decima che solevano pagare a Milano; libera la navigazione pel Po; liberi i mercati, e non suggetti a balzelli nelle loro città. Obbligassesi Lodi a non far male ai collegati, ma in pace ed in guerra sempre in punto di soccorrerli; e tutto questo, rimanendo intatta la fede all’Imperadore1.
La resa di Lodi raffermò grandemente la nascente Lega e ne accrebbe gli spiriti. Mossero tosto le milizie di Milano, di Bergamo alla espugnazione del castello di Trezzo, locato tra queste due città: Federigo vi teneva dentro un gran tesoro. Era munitissimo di ottime mura: sorgevagli in mezzo il maschio di una rocca, che recava maraviglia per la sua fortezza. Un Ruino procuratore imperiale in quelle
- ↑ Trist. Calchi p. 269. — Otto Morena p. 1137.