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libro quarto 283

lizie. Il Tedesco incominciò a temere; spiava, imprigionava alla cieca; col ferro, col fuoco minacciava sterminare le disperse reliquie di Milano1. Ma i Lombardi andavano difilato alla bramata meta.

Spuntava il dì settimo di Aprile: e i deputati di Bergamo, di Cremona, di Brescia, di Mantova, di Ferrara, e delle quattro borgate milanesi celatamente convennero alle porte del Monastero di Pontida. Vennero intromessi ne’ solinghi claustri; e mentre supplicavano a Dio i salmeggianti monaci, perchè della tribolata patria si ricordasse, quelli pietosamente si accostavano ai supremi consigli2.

Primi i deputati Milanesi tolsero a dire, forse lagrimando, come ad ogni altro pensiero dovesse andare innanzi quello di Milano; pensassero, questa non essere più, e gli sperperati cittadini non aver mura che li proteggessero; e così gli inermi rimarrebbero segnale alla tedesca rabbia, e la Lega perderebbe in sul primo annodarsi un fortissimo sostegno; ponessero il partito di rilevare innanzi ogni altra cosa le mura della città loro; rilevassero quel santo propugnacolo della Lombarda libertà, vi tornassero i raminghi cittadini, perchè nella faticosa redenzione della patria, gli occhi ed i cuori de’ collegati, trovassero su le sue mura il conforto delle memorie. Commossi i deputati dalle pietose ragioni, e dal quanto avesse meritato bene del comune paese quella Repubblica colle durate guerre tedesche, promisero condurre le loro città nel partito di aiutarli a rilevare Milano, ed a riporli in quella loro carissima sede.

Entrarono poi nella deliberazione del gran negozio della Lega; e come vollero benigni i Cieli, con concordissime sentenze statuirono «Stringersi le città Lombarde in una sacra federazione per venti anni, a rivendicare e tutelare i loro privilegi goduti dal tempo di Arrigo IV fino all’assunzione di Federigo al trono; tutte obbligarsi con

  1. Otto More. 1153 — Trista. Calchi. Histo: Patri. L. XI. p. 268.
  2. Sigon. De Regno Ital. lib. XIV p. 778.