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218 | della lega lombarda |
Non si tenne contento a questo l’Imperadore, comandò che gli venissero ai piedi tutti coloro che nello spazio dell’ultimo triennio avevano ottenuto il consolato, ed una parte dell’infanteria milanese. Così fu fatto; e nel dì settimo di Marzo con questa ordinanza entrarono Lodi i Milanesi. Precedevano le milizie di tre Porte, recando oltre a cento bandiere ed il Carroccio, messo tutto in assetto di guerra. Seguiva inalberata la croce, e innanzi a questa pendente un drappo che recava l’immagine di S. Ambrogio in atto di benedire: appresso poi grande moltitudine del popolo milanese. Mestamente andavano come a funebre ossequio che rendevano alla estinta patria; la maraviglia de’ vincitori, e la vergogna de’ vinti teneva tutti in silenzio da far sentire la squilla delle trombe, che dal Carroccio annunziava una libertà che moriva.
Aspettavali Federigo all’aperto innanzi al suo palagio, assiso su di un altissimo trono, circondato da tutto lo spendore della sua corte. Non era con lui la sua donna Beatrice, forse perchè la femminile pietà non avesse fatta violenza al crudelissimo proposito, in che tenevasi cupamente arroccato l’animo suo. Come giunsero i vinti alla sua presenza, cessò ad un tempo il suono delle trombe; e vennero queste come simbolo del comunale reggimento, messe ai suoi piedi. Poi l’un dopo l’altro i maggiorenti della città vennero a rassegnargli i vessilli di tutte le parrocchie. Fu tratto lentamente innanzi il Carroccio, il quale era con tale artifizio disposto, che al giungere che fece innanzi all’Imperadore, tutto ad un tratto abbassò verso di lui il grande stendardo in segno di dedizione. Si strinsero tutti per paura i Principi tedeschi, e con essi Burcardo Notaio imperiale, narratore di questi fatti1, che non sapevano della cosa. E bene stette, perchè intendessero que’ boreali in mezzo a tanto abbassamento dell’italiano decoro, che anche la ca-
- ↑ ...Adeo ut nos qui intra solii Domini Imperatoris eramus, ruinam machinae veriti, excuteremur, Burch. Epist. S. R. I. Tom. 6.