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214 | della lega lombarda |
Ma senza vitto non si poteva combattere: e prolungandosi la resistenza, nel caso d’una dedizione avrebbero trovato l’Imperadore più difficile a condiscendere a miti patti. Per la qual cosa i Consoli della città, sperando ottenere pace meno ignominiosa, deliberarono abboccarsi con Federigo. Fecero richiedere il Langravio cognato dell’Imperadore, il Duca di Baviera ed il Conte Palatino di un salvocondotto per trattare della pace col vivo della voce, e l’ottennero. Ma usciti di città, ed in via per recarsi agli accampamenti tedeschi, dettero in certi cavalieri dell’Arcivescovo di Colonia, i quali, o che non curassero della ragion delle genti, o che ignorassero il salvocondotto, li trassero violentemente prigioni. Mosse a giusto sdegno i Milanesi questa ribalderia; e saltarono fuori a liberare i Consoli, appiccando la zuffa con la cavalleria dell’Arcivescovo. Della qual cosa furono dolentissimi i tre Principi, che vedevano così brutalmente fallita la pubblica fede: e presi da generoso sdegno volevano porre le mani addosso all’Arcivescovo, il quale si rifuggì presso dell’Imperadore purgandosi della presura de’ Consoli, come non consapevole del salvocondotto. Mentre il Prelato cercava togliersi d’impaccio, e Federigo con bel garbo lo andava svincolando dalle mani de’ tre garanti, la mischia tra i Milanesi ed i Tedeschi si accalorava: per cui il Barbarossa, non pensando più al diritto delle genti, ma a quello della forza, confermò il tradimento, spingendo le milizie contro i Milanesi. I quali non soccorsi dalla città, vennero rincacciati, rimanendone prigioni oltre a trecento in mano di Federigo; che in quella fazione ebbe morto il cavallo, ed una leggiera ferita.
Queste sortite e le sembianze che davano i Milanesi di volersi reggere a petto di tutta quella smisurata oste, invelenirono l’acerbo animo del Tedesco, il quale con ogni più efferato consiglio disfogava la rabbia che il rodeva su i prigioni Milanesi fatti in quelle scaramucce. Se ne aveva condotti a Lodi trecento. Di questi ne scelse cinque, cui fe’ cavar gli occhi e li dette a condurre a Milano ad un sesto