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libro terzo 205

che questa preparava alla sua carissima Lodi. Rivalicato il Po, si dette a devastare colle milizie tutta la sponda del Lambro, recidendo alberi, e disertando i campi che erano in fiore. I Milanesi che si sentivano cresciuti gli spiriti non che a difesa, ma bensì anche alle offese, non patirono in pace que’ danni, uscirono in campo per dar su le mani a que’ ladroni. Eransi tutti riconciliati con Dio colla penitenza innanzi entrare in fazione col nemico1. Religiosa provvidenza che incominciano a notare i cronisti dopo la scomunica del Barbarossa. Dugento Piacentini erano accorsi in aiuto, recando il loro Carroccio e certe macchine da guerra, che aveva trovate un eccellente ingegniere Guantelino di nome. Erano queste certi carri falcati di picciola mole e leggieri2, che avevano la fronte a foggia di scure, e tutti intorno gremiti di falci, i quali tratti contra all’oste nemica, dovevano fare un gran tagliare a fascio di uomini e cavalli. Scontrarono a S. Romano l’oste guastatrice, e incontanente si ordinarono minacciosi per tirarla a battaglia; ma Federigo consigliato da prudenza, di notte tempo si ritrasse a Pavia, non osando misurar le forze coi Milanesi.

Questi non si potevano dar pace della distrutta Crema, la quale tra per la invincibile costanza con cui erasi mantenuta nella loro fede, e la opportunità del sito ove sorgeva, era stata sempre un forte presidio alle cose loro. Volevano rendere la pariglia a Federigo, togliendogli Lodi, la quale grandemente noiavali, come troppo vicina, e come padrona del passo dell’Adda; ma gli assalimenti con cui la tentarono non riuscirono che a varie fazioni colla peggio de’ Milanesi, ed a fare meglio munire la città con mura, delle quali pose la prima pietra il Vescovo Alberico3.

  1. Sir. Raul. ...accepta poenitentia...
  2. Sir Raul li chiama plaustrellos.
  3. Otto Morena I. R. S. v. 6. p. 1073. 1074.