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ciò tutto il mondo Cristiano volgendosi al Papa lo vedevano circondato da quella forte generazione Lombarda, ed alla pietà che provavano della Chiesa tribolata, mescolavano quella de’ civili casi d’Italia. Furono alcuni Vescovi in questo paese, massime coloro che si trovavano già legati all’Imperadore, a cagione delle municipali nimicizie, i quali andarono appresso all’Antipapa, ma molto più furono i fedeli al vero Papa. Questi accolsero con petto di bronzo la tedesca persecuzione, e negli esigli che patirono1 apparivano ed erano agli occhi del popolo veri martiri della fede. E se ha un ardore che ci fa veramente ribollire gli spiriti, è appunto quello della propria Religione conculcata, massime dallo straniero. Così l’odio delle Repubbliche verso l’Imperadore era da lui stesso santificato: chi combatteva per queste entrava in un comune agone co’ ministri della Religione; e la voce di chi confessava morendo in battaglia la santa libertà della patria, trovava un eco nel santuario sul labbro de’ confessori della fede. In quel tempo, dico delle persecuzioni di Federigo, il Pontificato Romano pose nel cuore dell’Italia il fiore della sua virtù, che germoglia nelle tribolazioni della Chiesa. L’Italia si ritemperò a fortezza, perchè si strinse alla Chiesa non trionfante, ma trangosciante per principesca tirannide; e vinse, perchè la stola del martirio di colei giungeva a ricoprirle le spalle.

Non fallì Alessandro al debito di Vicario di Cristo, e di protettore delle Lombarde Repubbliche. Non erano queste ancora potenti, come furono poi collegate, da prestargli soccorso contro Federigo; in Roma prevaleva la fazione scismatica; l’Italia era ancora piena di milizie tedesche; in guisa che Alessandro se ne stava in Anagni, più come fuoruscito, che come Papa. L’umana prudenza consigliava temporeggiare, e non venire alle brusche col Barbarossa. Ma Alessandro sapeva per divini documenti, un Papa non dover guardare ad uomini ed a tempi quando ne vada la

  1. Id. ib.