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libro terzo 193

andarono a trovare Federigo appresso Crema, che teneva ancora in assedio. Il quale, caldo come era di sangue italiano, sparso alla bestiale, non solo non volle degnarsi di leggere le papali epistole, ma stando già in sull’appendere uomini alle forche, voleva appendervi anche i due Legati. Se non che frappostisi il Duca Guelfo, e quel di Sassonia, stornatolo dallo scellerato consiglio, con aspre e superbe parole ributtò indietro i messaggi.1

Ma poichè l’Antipapa Vittore e i suoi Cardinali satelliti andavano spargendo lettere intorno alla sua elezione tutte gravide di prette menzogne2, a rimuovere lo scandalo dei fedeli, Alessandro ne indirizzò una a Gerardo Vescovo di Bologna ed ai dottori di quella Università. Narra della sua creazione in Pontefice, sponendo tutte le circostanze di quel fatto, e la intrusione di Ottaviano; raccomanda alle preghiere di loro e dell’universa Chiesa la propria pochezza; li esorta e prega come buoni cattolici a serrarsi quasi muro inespugnabile attorno alla casa del Signore, e mantenersi in fede della sacrosanta madre Chiesa Romana, immobili nella sua unità, schivi delle sacrileghe scritture che mandava attorno l’empio Antipapa; e da ultimo bandisce già stretto del laccio di scomunica Ottaviano, lanciatagli per consiglio de’ Cardinali alla presenza della cheresia, convocata in chiesa coi cerî spenti.

Intanto Federigo che si teneva, come Imperadore Romano, dappiù del Papa, affettando un affocato zelo per la pace della Chiesa, manifestò il pensiero di convocare un concilio, dal quale si deliberasse intorno alla legittimità del papato o di Alessandro o di Vittore. Non faceva mestieri di concili a diffinire quello che era nettamente di per se diffinito agli occhi di tutti i fedeli, ed anche di Federigo: ma questi voleva attruppar quattro Vescovi già venduti a lui, ed imboccar loro una sentenza, che avesse del sinodale contro

  1. Card. Arag. Vita Alex. III. ibi.
  2. Ap. Radev. lib. 2. c. 50. 52.