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libro terzo | 187 |
dersi innanzi minacciosa ed unita quella Lombardia, che già credeva fermata sotto i suoi piedi; e gli apriva la via ad intrudersi nella Chiesa, a cansare un Papa che vero Papa fosse. Come adoperasse il malo ingegno in questa pessima opera, e dove gli riuscissero gli sforzi, io conterò con molta soddisfazione dell’animo. Imperocchè apparirà chiaro dalle cose a narrarsi, come questo Imperadore Tedesco per recarsi nella turpe suggezione questa nostra Italia, dovette nientemeno che venire a cozzo con Dio stesso, e mettergli a sbaraglio la Chiesa.
Fatte le esequie al morto Adriano, convennero i Cardinali nella Chiesa di S. Pietro a scegliere un nuovo Papa. Non era dubbio della via a tenere in un negozio tanto grave, stante che era ancor fresco il decreto bandito da Niccolò II intorno al medesimo. Aveva sancito, tenendo le poste de’ santi Padri e de’ suoi predecessori, doversi dapprima dai Cardinali Vescovi trattare dell’elezione del nuovo Papa, poi chiamarvi gli altri Cardinali cherici, e finalmente richiedere tutta la cheresia ed il popolo del loro consenso. Così fecero i congregati Cardinali per dare un successore ad Adriano. Ma infortunatamente nel loro convento era un tristo prete, il Cardinale Ottaviano del titolo di S. Cecilia, e tre ministri imperiali Ottone Conte Palatino, Guido Conte di Biandrate, e certo Eriberto Preposito1. Quegli spasimava di furibonda ambizione e voleva essere Papa; questi lo avevano recato in fidanza, anzi in certezza dell’imperiale soccorso. Federigo aveva mestieri di un Papa di questa tempera: ed era così stretto dalla necessità di averlo, che, come fu fama, era entrato nel proposito di intrudere questo Ottaviano nel seggio Papale, vivente ancora Adriano2.
- ↑ Epist. Canonic. S. Petri. ad Friderig. ap. Redev. lib. 2. c. 56.
- ↑ In una lettera ad Eberardo Arcivescovo di Salisburgo, recata dal Lunig nel suo Spicilegio Ecclesiastico p. 958, Papa Alessandro affermava, come, vivendo Adriano, Federigo intendisset illum ordinare Apostolicum; id vero tunc a pluribus dicebatur, et fama quasi comune habebatur.