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sco: la speranza della scomunica erasene morta con Adriano. Pensavano salvare la vita, e serbarla a tempi più propizî; poichè, o resa o sforzata, alla patria che difendevano non avanzava che il consueto governo del sacco e del fuoco. Aprirono un trattato di dedizione a patti. Ottennero salve le vite; i Bresciani ed i Milanesi uscissero inermi e spogli di ogni cosa; i Cremaschi, qualunque il sesso e l’età, con quanto poteva ciascuno recarsi in collo delle proprie masserizie.

1160 Giurati i patti, uscirono i Cremaschi co’ loro alleati da quella dilettissima patria, in cui lasciavano tanto sangue e tanta memoria di virtù, per non vederla mai più. Andavano come vinti nelle sembianze, ma dentro ai petti fremevano gli animi di quello generoso dolore1, per cui le patrie conquassate e distrutte nelle mura, risorgono indistruttibili nelle sante regioni del cuore. Usò Federigo della vittoria a suo modo. Donate ai suoi Lodigiani le più belle armadure, scapestrò Italiani e Tedeschi al bottino ed all’incendio, per cui di Crema non rimasero che le ceneri, e la memoria di una virtù, che sola basterebbe a glorificare tutta una gente2.



  1. Ingenti dolore fremebant, Radevic. Frisig. lib. 2. c. 62.
  2. Radevic. ibi.