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voce su le mura indiritta ai sospesi sul gatto, voce che non avrà altrove un eco, perchè essa sola ha riempito il mondo «Oh beatissimi voi! cui sarà dato nobilmente morire, anzichè vivere una mala vita. Non v’impauri quella morte che vi apre lo scampo di un grave infortunio: dessa è che veramente franca gli spiriti. Oh mille volte beati voi, che morti per la patria, già assorgeste nel cielo della immortalità! Oh! quanti de’ nostri avi per questa patria su i roghi, fra i ceppi, e nelle fauci delle belve non posero la vita loro? Noi a gran pezza più infortunati di voi! noi che tuttavia vivendo, abbiam sete di morte e non arriva; noi che abbiam sempre all’animo i disumano servaggio dello straniero, l’infamia delle nostre donne, e quell’udire, co’ polsi ne’ ceppi, la flebile voce di un figlio, che ti chiama — Padre, chè non mi aiuti1? — e quel vedere da ultimo gl’infortunati vecchi assisi sulle ceneri della patria. E chi di noi, avvegnachè certo di tranquilla vita, con questa spina nel cuore, reggerà alla vista di questo sole? Oh! benigni i Cieli ci tolgano con questa morte la miserabile vista di questa nostra città, di questa santa patria per nemiche mani inabbissata per sempre!» Generose parole, che chiusero gli animi in una fortissima idea tutta di cielo, e più non videro su quella macchina di guerra congiunti ed amici, ma la sola patria che li chiamava figliuoli. E con incredibile furia incominciarono co’ sassi a tempestare il gatto. Una così sfolgorata virtù, che i Tedeschi chiamarono ferocia, stupefece l’Imperadore, che fatta dare indietro la macchina, e calare i sospesi, furono trovati morti de’ Milanesi Cademelio da Pusterla, Anrico da Landriano con altri due; de’ Cremaschi poi, un sacerdote, Truco da Bonate, Arrico da Galiosso con altri due. Alberto Rossi ebbe rotte le gambe, Giovan Gareffi le braccia. Rimanevano altri ancora vivi sul ferale ca-

  1. Vocem filii patrem implorantis exaudiet. Radevic. Frisig. lib. 2. c. 47. = Gunter. Ligur. lib. X. p. 146.