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168 | della lega lombarda |
a porta del Serio, prolungando le schiere fino a quella di Ripalta, ove alloggiavano i Cremonesi. Corrado Duca fratello del Barbarossa, Ottone Conte Palatino ed altri Baroni colle loro milizie tenevano in rispetto la città in faccia a porta Umbriana; la ricingevano poi per tutto lo spazio, che correva da questa porta all’altra detta di Ranengo, gli alloggiamenti di Federigo figliuolo del Re Corrado. Erano così fitte e serrate le ordinanze, che agli assediati non avanzava via ad uscire, fuori di quella che si potessero aprire colle spade. Provveduto alla custodia degli accampamenti, si voltarono gl’imperiali con grande studio a costruir macchine ed ingegni da battere la terra, non essendo modo alle scalate per la larghezza e profondità del fosso, che fasciava le mura. In poco di tempo fu minacciata tutta intorno la città da mangani e petriere, che lanciavano smisurati macigni, e da arieti e gatti operati con molta vigoria di braccia. Specialmente i Cremonesi, che in questa guerra avanzavano gli stessi Tedeschi nell’ardore, avevano composta una mobile torre di legname di ben trenta braccia massiccia, alta di sessanta. Portava nel corpo due arieti, che percuotevano, ed in cima due mangani da gittar sassi.
Fatti gli opportuni apparecchi, incominciò di fuori una batteria contro le mura assai gagliarda, alla quale i Cremaschi rispondevano con frequenti sortite, a null’altro mirando che al guasto o all’incendio delle macchine da tiro, in cui era la forza intera del nemico. Per cui avvenivano spessi e sanguinosi affronti, che finivano colla ripulsa dei Cremaschi minori di numero. Intanto i rinchiusi non tenevano sfornite le mura degli stessi ingegni che usavano i nemici. Ne avevano eccellenti, e adoperati con molta arte da certo Marchesi, il quale era peritissimo ingegniere, e fecondo inventore di modi e di arti a rimbeccare le batterie nemiche. Per la qual cosa Federigo si avvedeva, che ove tutta la somma dell’assedio si riducesse al battere delle mura, troppo sarebbe andato per le lunghe, poco frutto si farebbe. Pensò venire ad una oppugnazione più stretta;