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libro secondo 163

Pietro, e i tributi malamente riscossi da Ferrara, da Massa, dalle terre della Contessa Matilde, da tutto il paese, che corre da Acquapendente a Roma, dal Ducato di Spoleto, e dalle isole di Sardegna e Corsica.

Ai lamenti del Papa opponeva Federigo i suoi, dicendo, essere stato anche violato da Adriano il trattato avuto con Eugenio, avendo egli conchiuso pace con Guglielmo di Sicilia, col Greco, e co’ Romani senza il suo assenso; non volere che passassero pei suoi stati i Cardinali non licenziati da lui, nè che prendessero stanza ne’ palagi dei Vescovi a lui soggetti con molto aggravio delle chiese; dolevasi finalmente delle ingiuste appellazioni, che si recavano al papale seggio. Entrambi si dolevano, Papa ed Imperadore; era difficile si accordassero, non volendo uno stare alla sentenza dell’altro. Federigo proponeva si scegliessero sei Cardinali dal Papa, altri sei Vescovi sceglierebbe; al giudizio di questi dodici si quietassero entrambi; non vollero i Legati, non volle il Papa: e ciascuno si mise a provvedere ai fatti proprî contro dell’altro1.

Opportuni giunsero a Federigo in quella Dieta gli oratori del Senato di Roma, chiedendogli la sua amicizia. Egli l’accordò con tutto il cuore. Aveva ricevuto la corona; non aveva più mestieri del Papa, anzi cercava mettergli il fuoco in casa, al che si prestavano assai acconci i Repubblicani di Roma. Federigo si era convertito alla fede di Arnaldo da Brescia. Dall’altra parte Adriano non se ne stava in mezzo alla tempesta dei Repubblicani, che gli sollevò intorno Barbarossa. Fece quello che costui aveva fatto contro di lui: arrise alla indipendenza delle città Lombarde, e non passò molto che venisse in alleanza coi Milanesi, come vedremo. Così il Pontificato Romano entrava protettore dei Comuni italiani, e la libertà della Chiesa e dell’Italia si ricoveravano sorelle nel santuario di Dio.


  1. Radev. l. 2. c. 27. 29. 30. 31.