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152 | della lega lombarda |
munificenza, documentata da legittime scritture, avvenne, che coloro i quali non n’erano in possesso per grazia imperiale, a tenervisi, offerissero al fisco un annuale tributo, per cui quello venne ad impinguarsi di ben trenta mila talenti all’anno1.
Fece Federigo consegnare alla scrittura tutto quel tesoro di signoria, che gli veniva messo nelle mani, e bandì due Costituzioni2. L’una toccava i Feudi: tolse ai possessori de’ medesimi ogni facoltà di alienarli, e di lasciarli alle chiese; così pose modo alla potenza de’ cherici: e sopra tutti i Feudi impresse il marchio del supremo dominio imperiale, escludendo ogni altro che potessero averne le città. L’altra su la confermazione della pace in Italia: salubre provvedimento, ove non fosse dall’esperienza dimostrato, che questo celeste benefizio sia dagl’indisciplinati Principi desiderato ed invocato, a non essere turbati nella infame guerra del dispotismo, con che sordamente conquassano i popoli. Queste due Costituzioni vennero ne’ secoli appresso chiosate dai giureconsulti, e con tanto sforzo spremute, da cavarne anche l’impossibile a favore della potestà imperiale3. Vedremo come la pazza ambizione del Tedesco sancita dai legisti, e scritta nel nuovo codice con la punta dello scettro, si cancellasse con la punta delle spade, temperate nella terribile ragione de’ popoli.
Erano accorsi moltissimi Italiani a quel parlamento, a chiedere giustizia l’un contro l’altro. Federigo vedendo la loro moltitudine, ebbe a dire, come gli recasse maraviglia trovar nel paese de’ Legisti tanti trasgressori delle leggi. Non aveva torto. Ma in questo afferrò bene il destro a recare in atto quello che già credeva santificato dal diritto,