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libro secondo | 141 |
odio contro la tedesca gente che cresceva a dismisura per le strettezze dell’assedio; ed egli aveva milizie mal ferme, le quali per malattia che loro si fosse appiccata, o per troppo prolungarsi della campagna, lo avrebbero abbandonato per tornarsene in Germania.
Furono primi i Milanesi a menar le mani. Avevano al primo giungere dell’esercito nemico mandati fuori de’ drappelli leggieri, i quali con frombole ed archi or quà or là noiavano i tedeschi alloggiamenti, quasi a saggiare il nemico. Spesso vi tornavano quasi a dar le viste che non si ardissero gli assediati tentare più grosse fazioni. Intanto questi avevano adocchiati gli accampamenti di Corrado Conte Palatino del Reno, fratel germano di Barbarossa, e di Federigo Duca di Svezia, i quali formando l’estrema punta dell’esercito, erano un po’ discosti dal nerbo delle milizie. Fermarono assalirli con una subita sortita, ed ove loro fosse andato a verso la fortuna, porre tutto a scompiglio il campo imperiale. Colsero opportuna l’ora della sera. Quei due Principi con altri capitani, senza un pensiero al mondo di sortite e di assalti ragionavano in pace delle faccende dell’assedio innanzi ad una delle porte, che ebbero in guardia. I soldati erano a dormire. Vegliavano solo le scolte agli steccati del campo. Spalancate le porte della città, saltaron fuori i Milanesi ad investire il campo di Corrado. Uccise le scolte, non fu dapprima che un macello quello che fecero. Ma desti e levatisi in armi i Tedeschi, appiccarono una confusa battaglia che non moveva dai cenni de’ capi, ma dalla necessità di personale difesa. Più certi del loro fatto combattevano i Milanesi: se non che levatosi un gran rumore, corse rapida la voce di quell’assalto ai vicini alloggiamenti del Re di Boemia, il quale a sorreggere da lungi l’animo de’ combattenti, fece dar nelle trombe, mentre disponeva i cavalleggieri ad accorrere loro in aiuto. A spron battuto e con molto strepito di trombe giunse alla mischia, e vi si cacciò dentro con grande impeto. Per cui gli assalitori non reggendo più al numero, e non volendo venisse loro