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libro secondo 137

mente faticare ad innalzare sul fondamento del Romano diritto il dogma dell’impero del Mondo. Così avvenne: i Dottori si affilarono attorno a Barbarossa giudici della terra, sostegni del trono che il Tedesco vagheggiava nella mente, carnefici dell’Italia. Chi fossero, che sentenziassero su questa infortunata loro patria, vedremo appresso nel parlamento di Roncaglia. Alle prime consultazioni tenute con Federigo, diffinirono, avvegnachè infami e scellerati uomini fossero i Milanesi, venissero, innanzi le ostilità, per ufficio di giudice legalmente citati per tre fiate al tribunale imperiale, perchè non patissero onta le sante forme del Diritto: e così fu fatto. Vennero gli oratori Milanesi: dissero le loro ragioni, offerirono pecunia, posero intercessori: i Dottori dettero loro del nò; Federigo con le forme del Diritto, li dannò al bando dell’Impero, e dichiarò loro la guerra1.

I Milanesi erano preparati alle armi; e vedemmo che calda opera e quanto tesoro profondessero a ben munirsi. Non avevano omesse le necessarie provvidenze al di fuori, onde o ritardare o sviare il corso dell’esercito nemico. Mille scelti cavalieri erano appostati al ponte di Cassano sull’Adda, che gelosamente guardavano. Non ve n’era altro; il fiume correva gonfio per le nevi disciolte; ed aveva rovesciato tutto che si teneva in piedi alle sponde. Alte le acque ed impetuose, non si lasciava valicare coi battelli; quasi impossibile trapassarsi a nuoto. Aspettavano a piè fermo su quel ponte i Milanesi l’esercito imperiale, che si vide comparire all’altra sponda e sostare. Ma Arrigo Re di Boemia e Corrado Duca di Dalmazia, a risparmiare il sangue che si sarebbe sparso, sforzando il ponte, tacitamente, e non visti colle loro schiere calarono in giù un bel tratto lungo la sponda, a tentare un guado meno pericoloso. Era quella la prima fazione, ciascuno voleva segnalarsi. Ove credettero più basse le acque, animosamente vi si gittarono

  1. Radevic. lib. 1. c. 28.