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136 | della lega lombarda |
Prima di scendere in Italia, mandò facendo ricche oblazioni alle chiese, per rendersi propizio il Cielo (come diceva) in quello ch’era per fare all’Italia. Si fece venire in corte molti monaci, ed alcuni che tramandavano più forte odore di santità. Li carezzava, si mostrava loro divotissimo, e quasi pendeva da’ loro cenni. Si teneva strettissimo al suo confessore, che era certo Hartemanno Vescovo Brixinorense, già santificato nella mente del popolo, perchè faceva prodigi di penitenza. Con questo, e con gli altri teneva secreti e pietosi discorsi; sospirava su la prossima guerra che era per muovere all’Italia, ed anche alla Chiesa, come vedremo, quasi che ne sentisse dentro qualche inquietezza di coscienza. Il confessore e tutti quei santi uomini, che sapevano tutt’altro che di stato e di popoli, gli andavano confortando lo spirito alla guerra pel decoro dell’Impero, e perchè i Milanesi erano ribelli. Federigo fingeva quietarsi, e lasciar posare tra le loro braccia la verginale coscienza; e si parava alla guerra in grazia di Dio1. Barbarossa tanto o quanto incominciava a conoscere gli uomini.
Queste cose fece in Germania coi preti, e li lasciò amici. In Italia fece meno, e ottenne più dai legisti. Egli si tenne per alcuni dì nel Bresciano, sperando, che l’apparato di tutto quell’esercito mettesse tale un timore ne’ Milanesi, da condurglieli ai piedi umilissimi servi. Intanto aveva raccolto negli accampamenti un buon numero di Dottori in Legge (erano quei ministri di giustizia) nelle mani de’ quali pose tutte le ragioni della guerra che minacciava ai Milanesi, perchè le ponderassero secondo giustizia, e glie ne dessero avviso. Non so se anche li carezzasse, e facesse cadere loro nel seno qualche segno della imperiale munificenza. Ma questo sarebbe stato un sovrabbondare di mezzi: bastava la sola chiamata di un Imperadore, e di un Federigo, che voleva saper di giustizia da loro, per gonfiarli, cacciar loro di mente ogni idea di giustizia, e farli cieca-