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libro secondo | 129 |
- Rex venit ante fores, jurans prius Urbis honoris,
- Post homo fit Papae, sumit quo dante coronam.
Questa visione punse al vivo la tedesca superbia: quell’homo valeva vassallo. Lamentatosene il Barbarossa, Adriano promise di contentarlo, facendo radere la irriverente pittura. Però egli ed i suoi ne portarono fitta nella mente la memoria: infatti nell’udire come nelle lettere il Papa desse il nome di Beneficio alla corona che gli aveva imposta, gli venne innanzi la Lateranense pittura, e non dubitò, sotto il vocabolo Beneficio annidarsi la significazione di Feudo, e perciò lui essere un Vassallo della papale sedia. Non mi domandi il lettore come impennasse Federigo e che rumore levassero i cortigiani: egli si teneva signore del mondo, ed era Tedesco. Si appiccò una focosissima disputa, nella quale Rolando uscì innanzi pettoruto con queste parole — E da chi mai terrà egli l’Imperio, se nol tiene dal Papa? — le quali non ebbe finito di pronunziare, che Ottone Conte Palatino di Baviera gli si avventò sopra, e fu ad un pelo che non gli spiccasse il capo dal busto con un fendente di spada. Se non che Federigo fu a tempo a frapporsi, sottraendo la inviolabile persona del sacro ambasciadore a quelle furie, comandando ai Legati in poche ore lasciar di tratto la Germania; e a recare a pubblica contezza l’avvenuto, mandò intorno lettere tutte piene di solenni menzogne. Imperocchè dopo avere manifestata l’alterigia de’ Legati e del Papa, e tutte le malizie di che era piena la voce Beneficio, afferma, aver rinvenuto presso i Legati altre lettere e bianche pergamene col sugello papale, in cui potevano a lor talento provare qualunque più scellerata cosa loro talentasse, e spargere per le tedesche chiese a spogliare, altari, a rapir i sacri vasi e le croci, a farne bottino; perciò, affermava, averli cacciati incontanente dal regno1.
Tornati i due Cardinali Legati in Roma, non è a dire se