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Chiesa» Conchiudeva, raccomandandogli caldamente i due Legati1.

Vennero questi a trovare l’Imperadore a Besanzone, ove era andato a prendere il possesso del reame di Borgogna. Era perciò colui nel più grande splendore della sua possanza. Inchinato dai suoi vassalli, e da una moltitudine di Romani, Pugliesi, Veneziani, Lombardi, Francesi, Spagnuoli, Inglesi accorsi o per trattar negozi, o per corteggiarlo: si menava gran festa per la città e si facevano tutte quelle pazzie, che sempre si faranno, quando apparisce un Imperadore: tutto pareva che gli dicesse, essere un vero successore di Augusto. Non potevano giungergli più importuni i Legati di un Papa, cioè di un signore, che non riceveva da lui la corona, e che poteva imporgli legge di giustizia, massime che l’animo dentro gli rimordeva, e lo pungeva desiderio di vendetta, per le papali amicizie rannodate col Malo di Sicilia. Per la qual cosa non volle onorarli di pubbliche accoglienze: ma trattosi in secreto oratorio coi maggiorenti dell’Impero, si fece innanzi introdurre i due Cardinali. I quali consapevoli del personaggio che rappresentavano, con queste recise parole accompagnarono la profferta delle lettere, volti a Federigo — Vi saluta il reverendissimo nostro Papa Adriano, e il corpo dei Cardinali della S. R. Chiesa: quegli come padre, questi come fratelli — Questa fraterna eguaglianza de’ Cardinali con un Imperadore incominciò ad annugolare l’animo di questo e de’ Principi. Ma per sapere il perchè poi rompessero in selvaggio furore, al sentire quel che recava la papale epistola, è mestieri premettere, come Federigo e i suoi erano tornati di Roma forte scandolezzati, e con sinistro giudizio dell’ambizione de’ Papi. Avevano visto nel Palazzo Lateranense certo dipinto esprimente l’Imparadore Lotario gittato ai piedi del Papa con questa scritta:


  1. Radevic. lib. 1. c. 9.