ste, non sarebbe stata forza che il rattenesse dal correre sopra alle ragioni della Chiesa. La storia di Arrigo era fresca. Dietro a quelle Repubbliche incominciò a locare il celeste tesoro della ecclesiastica libertà, ed a considerarle come un fermissimo riparo contro alle cupidigie cesaree. Dippiù, non dimenticò la potissima ragione che consigliarono i suoi antecessori alla formazione del reame di Sicilia, cioè quella di tenere sempre aperto alle spalle della papale sedia un rifugio pe’ combattenti Pontefici. Gregorio VII ne fece una solenne pruova. Ma la ragione della conquista normanna non poteva sempre pacificamente annestarsi a quella della investitura papale. Spesso i Re di Sicilia, perchè stringevano lo scettro, non volevano sapere di altri signori nel proprio reame. Così fu di Guglielmo detto il Malo, terzo figliuolo di Ruggiero: morto il padre, senza chiedere licenza alla Romana sedia, di cui era vassallo, si assise in trono, e si tenne Re. Ma non lo tenne tale Adriano, che speditogli un Legato per certi negozî, gli negò sino il regio nome nelle lettere che gli mandava; e fu guerra tra loro1. I Baroni malcontenti di Guglielmo, Roberto già Principe di Capua, Andrea Conte di Rupecanina, Riccardo dall’Aquila, Roberto di Basavilla Conte di Loritello, all’ombra papale ribellarono, e con papali aiuti tolsero al Malo quasi tutte le città del reame di quà del Faro, mentre anche Sicilia gli scappava di mano pe’ malefizî di Maione ribaldo cortigiano, che ammaliava il Re. Guglielmo alla perfine andato così in fondo, e minacciato dai due Imperadori di Occidente e di Oriente, pensò far la pace con Adriano, il quale accolse benissimo i suoi messi; ed era in sul conchiudere il trattato a lui molto vantaggioso, quando alcuni Cardinali glielo ruppero per peculiari disegni. Si rinfocò la guerra; andò propizia al Malo; ed Adriano stretto d’assedio in Benevento dovè chie-
- ↑ Romual. Saler. Chr. S. R. I. Tom. 7.