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libro secondo 123

dal territorio Milanese all’insaputa de’ Consoli. Un ferreo giogo premeva in quel tempo i colli: ma gli animi duravano nell’asprezza di quel governo per amore di libertà1.

Fu poi crudele il partito che prese Milano verso la infortunata Lodi, la quale mise una grande pietà negli animi di tutti, per la iniquità dei destini a cui la condusse quella prepotente città. Toccammo innanzi del come espugnata Lodi da’ Milanesi, fosse stata distrutta, e ridotti gli abitanti in sei divise borgate a rodere un durissimo freno. Vedemmo anche come giurassero fedeltà a Federigo col consenso di Milano. In que’ tempi di preparazione a grandi difese Lodi era stecco negli occhi ai Milanesi; legata per sagramento all’Imperadore, dolentissima della miseria de’ suoi casi, non dubitavano, che al primo spuntar di vessillo tedesco avrebbe levato il capo, stesa la mano a Pavia, colta occasione di vendetta. Anche la ragion del sito, in cui giaceva Lodi, teneva sempre in ombra e sospetto i Milanesi: locata sull’Adda fra le nemiche città di Pavia e di Cremona, poteva da queste nella prossima guerra co’ Tedeschi, ricevere forza ed ardire a ribellare. Per la qual cosa il segreto disegno del Consiglio in Milano si era quello di slocare al tutto i Lodigiani da quel paese, e cacciarli altrove. Incominciarono dunque i Consoli a recarlo ad effetto nel gennaio del 1168, imponendo legge a tutti i Lodigiani dall’età di quindici anni sino a cento di giurare sopra i Vangeli, tenersi paratissimi a fare ogni loro comandamento e quello che loro venisse imposto da Milano. Quelli si piegarono alla dura legge, ma chiedevano che nel sagramento a farsi concedessero porsi la clausula: salva la fede giurata all’Imperadore, a cansare un’aperto spergiuro. Non si arresero i Consoli; e minacciavano. Ben sessanta Lodigiani, e tra questi il loro Vescovo Lanfranco, si recarono in Milano a pregare l’Arcivescovo Uberto, perchè si adoperasse

  1. Sir Raul. p. 1179. e segu. = Radevic. Frisig. in Appendice ad Otthonem Lib. 1. c. 33. = Gunterus. Lib. 7.