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libro secondo | 121 |
il Po e la Sessia; espugnarono in tre dì la forte rocca di Cerano, fugarono i venuti a soccorrerla, e ripiegandosi nella valle di Lugano, oltre a venti castella ridussero in lor balia1.
Pavia era la città fedelissima all’Imperadore, e loro nimicissima; la quale congiunto lo sforzo con quello del Marchese di Monferrato, e dell’altro Marchese Obizzo Malaspina, che aveva disertata la parte repubblicana, seguiti da un codazzo di Baroni, teneva in punto di guerra numerose milizie attorno al lor castello di Vigevano. Questo guarda il Ticino appunto là dove di fresco avevano ricostrutto il ponte i Milanesi. Pensavano forse passarlo, e gittarsi al guasto delle terre di Milano. Ma questa svegliata che stava su i loro moti, nel più crudo del verno, assoldata una mano di Bresciani mandò ad oste il suo esercito condotto da Guido Conte di Biandrate. In tre schiere ebbe questi divise le milizie; nella prima erano i carri e le provvigioni dell’esercito, la seconda tutta di Bresciani da lui capitanata, l’altra di Milanesi. Valicato il ponte, e non osando i Pavesi venire all’aperto, passò oltre Vigevano, ed investì il castello di Gambolato: durò fatica a ridurlo; ma l’ebbe, e lo distrusse. Ripiegarono verso Vigevano i Milanesi colle spoglie del preso castello; alla qual vista i Pavesi con molta furia partirono da Vigevano a combatterli: ma furono accolti vigorosamente, e rincacciati dentro a quella rocca, in cui non potendosi più tenere per fame, in tre dì si arresero a dure condizioni. Fu distrutto Vigevano, e tolto di mezzo questo propugnacolo di Pavia. Nulla avrebbe più impedito ai Milanesi l’andar sopra a questa città, a ridurla nella loro signoria2; la qual cosa se avessero recato ad effetto, non sarebbero stati tratti di nuovo a guerreggiare i Pavesi congiunti ai Cremonesi nella state di quell’anno. Ma fu corta la guerra, avendoli in un solo scontro battuti e fugati. Così fiaccati i nervi ai Pavesi, Milano su i ponti del Tici-
- ↑ Sir Raul. p. 1178.
- ↑ Sir Raul. p. 1178. = Trist. Calchi. lib. IX.