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di quello si risolvesse ogni nerbo di cittadina fortezza. Ora a gloria tua e della Repubblica, è risorto quel venerando consesso. Certo me ne saprai buon grado. Ora misura da quel che ti avesti, il debito che ti corre verso di me. Eri ospite, e cittadino ti resi: straniero transalpino, e ti feci un Re. T’avesti il mio; rendemi il tuo. Assicurami dalla furia de’ barbari; mantieni le antiche mie leggi e costumanze e non fallirle; metti in mano de’ miei Magistrati, che ti dovranno gridare Imperadore in Campidoglio, ben cinque mila lire; proferisci la vita ed il sangue a mia tutela; suggella con sagramento il promesso, e vieni»1. Non mi domandi il lettore con che animo accogliesse Federigo questa diceria, e con quale risposta accomiatasse gli oratori della Repubblica Romana. Come questi disordinarono in parole, così egli proruppe in superbia di parole, e, quel che è più, di fatti. Il buono Ottone di Frisinga ci ha tramandata la tedesca risposta: io non la voglio ripetere, perchè scrivendo per gl’Italiani, nissuno meglio di questi conosce quale sia il metro del pensare e del fare tedesco in casa altrui.

Non si erano molto dilungati dagli accampamenti gli oratori, quando Barbarossa, sguinzagliò loro appresso una schiera di cavalieri, i quali s’intromisero in Roma, ed andarono ad occuparne quella parte, che è detta città Leonina. Ebbe questo nome da Leone IV; il quale ad assicurare dalle rapine de’ Saraceni la Basilica degli Apostoli, che è sul colle Vaticano, ricinse questa porzione di mura, come lo era dal Tevere dalla parte di mezzodì2. Un ponte sul fiume la congiungeva al corpo della città, presso Castel S. Angelo. In questo ponte i Tedeschi alzarono incontanente una barricata a tener fuori il popolo, a star soli nel compreso del borgo Leonino; ove il dì appresso entrò Federigo e Papa Adriano, essendo guida alle milizie il Cardinale Otta-

  1. Otto Fris. lib. 2. c. 22.
  2. Anastas. Bibl. in Vita Leonis IV. p. 240. S. R. I. tom. 3.