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110 | della lega lombarda |
quale impetuosa in quel tempo accelerava il cammino della vita. Perchè al posare della fortuna barbarica, si levò la lotta della luce colle tenebre, della forza colla libertà, del passato coll’avvenire, della morte colla vita. Questa lotta si operava nel seno dell’umanità per la necessaria legge dell’esistenza, si riproduceva per libera elezione dell’umano individuo; e tutta l’azione dell’uomo prese abito e sembianza di battaglia, ogni termine di azione quello della vittoria, e della gioconda coscienza di un nemico trionfato da una virtù operata. I tornei cavallereschi aprivano il campo alla lotta dei corpi; le dispute filosofiche a quella dello spirito; la guerra delle Repubbliche italiane un campo, in cui l’uomo lottava nel complemento dell’individuo, nella virtù del corpo e dello spirito. Perciò quelle simulate e per prova; questa verissima e per consecuzione di scopo. Lo spirito italiano era vivificato a reggere in questa nobilissima battaglia non dalla Filosofia, ma dalla tradizione Greco-Romana: in Francia si vivificava lo spirito di sapienza per la Filosofia. Perciò nella università parigina e nelle Repubbliche italiane aveva sede tutto l’umano spirito: in quella nella sua potenza, in questa nella sua azione. Lo spirito italiano non aveva mestieri di alcuna personalità che il rappresentasse, perchè attivo; il francese, come potenziale, aspettavalo, e l’ebbe in Pietro Abelardo.
Questo acuto ed infortunato filosofo espresse a maraviglia tutto l’umano spirito lottante nel XII secolo. Fu in perpetua tenzone; e trionfò di tutti nel chiuso campo delle scuole1: non trovando più nemici a combattere in quelle, si ardì porsi alla ricerca della Verità come uno errante cavaliere in parte ove non pensava che lo scoprissero gli uomini. Sprezzati i documenti della esperienza, fidato tutto alle forze del proprio ingegno, incominciò colle blandizie della ragione a cattivarsi il favore del sovrannaturale, austero guardiano della Verità, perchè glie la desse a vedere.
- ↑ I Nominali ed i Reali.