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libro secondo | 109 |
le città nemiche, nuovi casi incontrava il Barbarossa, che io narrerò come congiunti a quelli di Lombardia. A grandi giornate viaggiava Federigo con tutta l’oste alla volta di Roma. Passando per Toscana, aveva comandato ai Pisani tenersi pronti coll’armata da muoversi contro Guglielmo di Sicilia. In Ravenna piantò un Tedesco ad Arcivescovo, investendolo dell’Esarcato. Ovunque lasciava un ricordo dell’Impero, di cui andava a prendere la corona.
Era a que’ dì Papa Adriano IV uomo di gran senno, e consapevole del supremo ufficio che amministrava. Non gli pareva cosa di picciolo momento l’avvento di un Re tedesco; e poi quel venirgli in casa così con un esercito frettolosamente lo insospettiva, non ignorando le prodezze da quello operato in Lombardia. Stavasene in molta apprensione. Di Viterbo, ove dimorava, passò in Orvieto città munitissima; e neppur tenendosi sicuro, si ritrasse in Civita Castellana. La razza di uomini che avvicinava era veramente a temersi. Spedì tre Cardinali incontro a Federigo a spiare qual’animo recasse verso di lui, con alcune condizioni da giurarsi dal medesimo, se voleva la corona. Barbarossa dal suo canto spedì l’Arcivescovo di Colonia e quello di Ravenna per rassicurare l’animo pontificale, e certificarlo del suo buon talento1. E quì prima che s’incontrino il Papa e questo Imperadore in erba, è mestieri arrestare la mente alle condizioni in che versavano entrambi.
Federigo ed Adriano s’incontravano per aiutarsi a vicenda, perchè sospinti alle spalle da un terribile nemico. Quegli, avvegnachè poderoso di armi e di milizie, sentiva dietro l’insorgere affannoso dell’umano spirito cupido di libertà, che lo minacciava. Questi onnipotente per le folgori, che gli prestava la monarchia del sovrannaturale, sentiva dietro il fremere delle menti cupide di verità, che lo minacciava. Terribili nemici entrambi, che si davano di spalla a vicenda, perchè avevano madre comune l’umanità, la
- ↑ Card. Arago. Vita Pap. Adrian. R. I. S. tom. 6.