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ogni cosa necessaria alla viva espugnazione delle mura, come di balestre e mangani, che gittavano con assai di forza. E contano che nel tempestare che fecero grossissimi macigni, ne venisse a cadere uno nel cuore della città, ed ammazzasse d’un colpo tre cittadini che consultavano innanzi all’uscio della chiesa. Tra questi ingegni che si adoprano onestamente nelle guerre, erano altri che solamente usa la scellerata tirannide, dico le forche. Il Tedesco ne aveva fatte levar molte a vista de’ Tortonesi, perchè sapessero, che chi non toccava la gloria di porre la vita per la patria, combattendo; avrebbela per man del carnefice lasciata su gli osceni patiboli. Ma queste tristizie (come sempre avviene) lungi dall’impaurire, accrebbero vieppiù gli spiriti tortonesi, confortati a disperata difesa e dall’amore della libertà e dall’abbominio di quel sozzo signore.

Nel dì delle Ceneri fu dato il segnale alla oppugnazione: traevano a furia le macchine da guerra, e di sassi e di saette era una tempesta contro ogni lato della città. Pensavano i Tedeschi, che non si ardissero i rinchiusi appresentarsi ai merli ed alle feritoie che per lanciare armi e non altro. Ma videro anche i petti che chiudevano animi sconosciuti in Lamagna. Imperocchè i Tortonesi, tenendo a vile lo starsene dietro le mura, frequentemente sortivano animosi a battaglia. Si facevano fino alle trincee, chiamavano all’aperto i nemici, e con incredibile audacia mischiavano le mani. Caddero molti de’ Tedeschi; tra questi due giovani magnati, certo Kadolo di Baioaria e Giovanni di Sassonia; molti i feriti. Dei Tortonesi poi, quelli che cadevano in mano di Federigo, venivano bestialmente appesi alle forche. Nuova foggia di guerra.

Si prolungava l’assedio per molti dì. Però non si ardivano i Tedeschi di venire alla scalata; si tenevano lontano giuocando sempre di mangani e petriere, che molte morti arrecavano ai difensori, tra questi alcuni de’ capitani Milanesi sopracitati. Al contrario i Tortonesi non cessavano dalle sortite, le quali miravano non solo ad offendere l’ini-