Milano. Ma questa volta era chi rispondesse contra. Oberto dell’Orto e Gherardo Negro Consoli milanesi erano venuti a Roncaglia a calmare l’animo di Barbarossa, promettendogli un annuale tributo di mille marche di argento, oltre ad altre sei mila che gli recavano in dono. Fu molto agitata la ragione da ciascuna delle parti: Federigo prestava orecchio a tutti, e lasciava che si accapigliassero a lor piacere, per conoscer nella lotta la parte più debole, a rilevarla contro la più forte. Consueto artifizio de’ prepotenti in paese diviso. Se ne chiarì subito: poichè, eccetto Como e Lodi, che rodevano il freno di Milano, solo Cremona e Novara tenevano per Pavia. Al contrario Cremona, Brescia, Piacenza, Asti, Tortona apertamente si dichiararono per Milano. A Pavia adunque era a darsi di spalla per fiaccar Milano: e questo fermò celatamente nell’animo Barbarossa, dicendo a tutti parole di pace. Tutto chiuso nella maestà di Re e di giudice confortò a porre giù gli sdegni colle armi: e comandò che gli venissero consegnati i prigionieri pavesi e milanesi fatti nelle ultime guerre. Così senza far trapelar cosa di quell’odio che gli rodeva il fondo del cuore, i prigionieri milanesi addivennero statichi in sua balia1.
Nè gli bastò questa cautela, perchè chi vuol male si guarda. Volendo muovere l’esercito verso Novara, comandò ai Consoli milanesi a far da guide, conducendo le milizie pel loro territorio. Questi ubbidirono, prendendo la volta più breve per Landriano, Rosate e Trecate, e varcato il Ticino, dirittamente muovevano a Novara. Ma tra perchè tutto quel paese era stato disertato dalle fresche guerre, e perchè non era anima che osasse aspettare l’oste tedesca, fuggendo tutti colle sustanze, avvenne che non si trovasse sufficiente vettovaglia per l’esercito. La deputazione non preveduta dai Consoli purgavali di ogni colpa: ma Federigo incominciò ad impennare contro di loro nell’arrivare la prima sera a
- ↑ Otto Frisig. c. 12. c. 13.