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il condaghe di S. Gavino, che definisce una pia scrittura del secolo XV, dove sur un fondo puramente leggendario staccano anacronismi i più grossolani, e che insieme alla modernità della lingua ed all'inverosimiglianza del contenuto toglie, secondo il dotto bibliotecario, qualsiasi valore d'autenticità a questa scrittura.

Premetto anzitutto che nessuno degli storici ch'ebbe a giudicare esatta tale cronaca, sognossi mai di ritenerla contemporanea ai fatti, che vi sono indicati, giacchè in essa la stessa lingua sarda è più colta, più armonica e meno barbara di quella che si riscontra in altri documenti del giudicato e specialmente nel condaghe di S. Pietro di Silki, che è un testo preziosissimo del più antico e più puro logudorese ed una miniera inesauribile per gli studi linguistici.

Ma il ritenerla posteriore alla fondazione della Chiesa di S. Gavino e il riscontrare in essa elementi che non si possono conciliare con una critica rigorosa, non deve senz'altro togliere ogni valore alla cronaca, compilata indubbiamente servendosi di antichi documenti e di originari condaghi, quando dovea esser ancora viva la memoria di un fatto, che segnò la fase più alta nella storia e nei fasti della Chiesa Turritana.

Ma quanti anacronismi e quante leggende non troviamo anche negli storici, che scrissero di fatti a loro coevi?

Seguendo questa troppo rigida teoria non ci si dovrebbe giovare del materiale storico che in rapporto alla nostra isola ci offrono le prime storie pisane e genovesi, quali il Fragmentum auctoris incerti, il Vetus Chronicon Pisanum di Bernardo Marangone, il Breviarium Pisanae Historiae di Michele de Vico, la Cronaca Pisana di Ranieri Sardo e gli Annali di Genova di Caffaro e dei suoi continuatori fino al 1292, poichè quale più, quale meno contengono molte e gravi inesattezze. dovute per lo più ad amor di patria, che indusse questi istoriografi a magnificare. ad accrescere e talvolta a modificare gli avvenimenti che presero a trattare.

Quindi come dalla storiografia pisana e genovese è necessario sceverare quanto a ciascun cronista piacque aggiungere ad esaltazione della sua patria, per le cronache, alle quali il Bonazzi nega qualunque valore storico, è conveniente non ripudiarle a priori per qualche inesattezza, ma, facendo opportune comparazioni e mettendole in confronto con documenti e con fonti d'insospettabile autenticità, investigare fino a quel punto meritino d'esser credute, separando le vicende storiche