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di Zuri, di S. Maria di Tiesi, elegante concezione di geniale artista e tutte quelle altre che vennero erette sotto l'influenza degli artefici catalani.

Ma salvo queste eccezioni in cui per reversione ricompaiono le antiche e schiette forme romaniche, predominarono le porte del tipo toscano.

La semplicità di queste dal punto di vista ornamentale contrasta vivamente col rimanente della facciata, al contrario di quanto si riscontra nelle chiese dell'alta Italia e del mezzodì della Francia in cui gli architetti memori di quanto scrisse S. Gregorio « le porte debbono porgere l'immagine della grandezza del santuario e della maestà di Dio » dedicarono a queste i motivi più leggiadri e le cure più attente.

Le lunette delle porte delle chiese sarde sono solitamente liscie: in S. Pietro di Sorres ed in Santa Maria d'Ardara lo sfondo cupo della trachite nera è rotta da croci eseguite con cantoni bianchi di calcare: in S. Gavino, in S. Pietro di Bulzi, sono scolpite in piccolo rilievo alcune figure, che eseguite rozzamente paiono concepite da menti puerili. Nelle porte della Cattedrale di Cagliari gli architetti ottennero effetti gradevoli intarsiando le lunette con frammenti d'arte pagana e cristiana.

Nell'architettura romanica le finestre non ebbero l'importanza che poscia diedero loro gli artefici del periodo gotico, che ne adornarono gli stipiti con intagli, suddividendo il campo della luce in numerosi motivi più a meno pittorici: la finestra romanica è costantemente arcuata a tutto sesto senza fioriture; tutt'al più la lunetta contornata dall'arco è divisa da altri due o tre archetti poggianti su colonnine dando origine alle bifore, trifore e polifore in