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Giravano per le aspre giogaie dei nostri monti, per le fertili vallate i missi dell'opera del Duomo di Pisa. Giudici e magnati, maiorales, concedevano elargizioni, terreni, Chiese, oro ed argento, Turbino, giudice di Cagliari (1103), dona all'opera di S. Maria quattro casolari con terre, vigne e servi, il che non impedi al Comune di Pisa di aiutare Torcotorio a spogliarlo del governo della provincia.

Questi alla sua volta concedeva alla detta opera quattro corti e per ciascun anno una libbra d'oro ed una nave carica di buon sale. E ciò non tanto per la salvazione dell'anima sua e dei suoi parenti quanto per sdebitarsi dell'aiuto da togli dai Pisani « et pro magno servitio quod mihi nobilissimi et prudentissimi cives pisani cum grandi inopia atque plurissimis angustiis operati sunt »1. Ricche elargizioni fecero ancora Padulesa di Gunale. giudicessa di Gallura ed i regoli di Torres e d'Arborea.

Questi operai del Duono di Pisa, che nei diplomi medioevali sono chiamati missi, ebbero non lieve influenza nelle vicende politiche dell'isola: essi avevano bottega nel Castro di Cagliari in vicinanza alla Chiesa di Santa Maria, dove un operaio, rappresentante l'amministrazione maggiore, teneva il governo delle ricche proprietà, che l'Opera aveva per tutta la Sardegna2.

  1. Tola, Cod, Dip. Sardo, Diplomi del XII secolo n. 6.
  2. A. Solmi, Cagliari Pisana, pag. 22, Cagliari, Tip. Valdès, 1901.