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omnibus verissime scitur, omniumque fratrum sub eo degentium, quorum manui societatique corpus meum, animamque commisi, rogatum etiam judicis Mariani, atque omnium fratrum ipsius, conservaverim ecclesiam S. Saturnini, in qua videlicet ecclesia, ut in futuro firmum testimonium fial; altare maius ipsius ecclesiae in honore beatorum apostolorum Petri et Pauli sanctique Victoris martyris monasterii Massiliensis propria manu consecravi 1.

La tracotanza dei monaci vittorini del priorato di S. Saturnino, che le carte medioevali lumeggiano tanto chiaramente, se con diverse vicende potè svolgersi sotto i primi giudici, dovette cedere di fronte alla Chiesa di Pisa, quando il giudicato di Cagliari venne prima sotto la influenza e poscia sotto la dominazione dell'ardita repubblica del Tirreno.

I monaci di S. Vittore dovettero lasciare l'isola prima del XIV secolo, non trovandosi più menzione di questi irrequieti religiosi nelle carte sarde posteriori alla seconda metà del XIII secolo. Abbandonato il convento ed aggregato il titolo di priore all'arcivescovo di Cagliari, la Chiesa dovette deperire per ridursi allo stato in cui si trova presentemente.

Premesse queste circostanze storiche, che ci permetteranno d'integrare le altre, che possonsi desumere dalle forme costruttive, procediamo all'esame di queste.

Da una porta aperta in un muro eseguito con pie trame informe si accede ad una corte scoperta che precede il vero ingresso della Chiesa.

Questa corte non è originaria e confrontando fra loro le mezze colonne incastrate nei muri di recinzione, è facile desumere che originariamente, essa, suddivisa in tre navate, faceva parte della Chiesa propriamente detta.

Sulle mezze colonne dei muri della navata laterale poggiavano arcate che all'altra estremità impostavano sopra i pulvini della colonna della navata centrale.

Queste mezze colonne sono eseguite con rocchi di calcare ed hanno

  1. Tola, Cod. Dipl. Sardo, Vol. 1, pag. 196.