Pagina:Storia dell'arte in Sardegna dal XI al XIV secolo (IA storiadellartein00scan).pdf/237

commerci genovesi e pisani ne aveano palesato le recondite ricchezze, quando, Pisa che avea veduto nel trionfo dei suoi cittadini il mezzo per garantire la sfera della sua influenza politica e commerciale in Sardegna, fattasi capace e pronta a una diretta dominazione, profitta degli interni ed esterni dissidi, che si agitavano fra le famiglie pretendeuti, e sostituisce a quelle signorie famigliari i propri rappresentanti immediati1.

Ed il gran fatto s'effettuò per opera di un forte e valoroso cittadino di Pisa. Era il 1257: Guglielmo conte di Capraia e giudice d'Arborea, stringeva vigorosamente d'assedio la rocca di Cagliari difesa dalle soldatesche di Genova e dai sardi che ancor teneano fede ai giudici di Cagliari.

Gualduccio di Pisa con potente naviglio solcava il mare e nel borgo di Lapola avea eretto un formidabile baluardo, fornito di macchine potenti e di uomini provati in arme. Sedici galee genovesi, riuscite a forzare la linea guardata da Gualduccio, sbarcarono le truppe, che il podestà di Genova inviava non tanto per rialzare le sorti del giudicato, quanto per scongiurare un'occupazione per parte della repubblica nemica. Contro di esse Guglielmo di Capraia spinse con impeto i suoi, percotendole e debellandole in modo che dovettero frettolosamente e disordinatamente riparare coi loro legni ed abbandonare alla loro sorte i difensori del Castello di Cagliari, i quali cadenti, per fame e per inedia e non più sostenuti dalla speranza di pronto soccorso, si arresero al forte condottiero delle armi collegate di Pisa e di Arborea.

In tal modo Pisa, allorchè esausta per le lotte con Lucca e con Genova e per le discordie civili s'avviava rapidamente a quel disfacimento, di cui la morte del conte Ugolino costituisce l'episodio più lugubremente noto, vide avverato il sogno che due secoli prima avea concepito, intraprendendo la spedizione contro Mogehid e coronati i suoi sforzi e le secolari sue aspirazioni.

Così cadde definitivamente la signoria dei giudici cagliaritani, l'origine dei quali si perde nel buio dell'alto medioevo, e poco dopo ebbero la stessa sorte gli altri giudicati, ad eccezione di quello di Arborea che mantenne per altri due secoli ancora la sua indipendenza con lotte,

  1. Solmi. La Costituzione Sociale e la proprietà fondiaria in Sardegna in Archivio Storice Italiano, pag. 57.