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vano gli esili pilastrini che doveano seguire la pendenza del frontone. Al centro di questa abbiamo una di quelle decorazioni a rombi, così frequenti nell'architettura pisana, di cui si compiacquero i costruttori delle nostre chiese del secondo periodo.

Nei fianchi svolgesi la decorazione romanica ad archetti pensili sotto la cornice di coronamento poggianti alternativamente, come a S. Gavino di Torres, su mensoline e su lesene.

In ciascuno dei muri terminali delle navate laterali due archetti di maggiori dimensioni di quei, che ricorrono nei fianchi, poggiano sulle pilastrate e su una lesena intermedia, come ebbimo a rilevare nelle chiese di S. Gavino e di S. Simplicio.

L'abside circolare s'allontana dal solito tipo; le arcate pensili, invece di poggiare su pilastrini o su mensole, s'impostano su esili colonnine incastrate per meno di un terzo sulle murature e sono sormontate da capitellini in marmo bianco lavorati con arte finissima.

È una costruzione slanciata e geniale, che contrasta con la severità di tutto l'insieme, e che dovette servire, come si disse, di modello all'abside della Chiesa di Terralba.

L'interno è a tre navi con archi voltati su colonne, tolte per buona parte, a mio giudizio, dalle vicine rovine di Tarros. Un passo della Chorographia del Fara farebbe invece ritenere ad altra provenienza e cioè che siano state tolte dagli avanzi dell'antica città 1liadis sepolta sotto le acque del vicino stagno: Secundo ab Oristano lapide antiqua Iliadis nrbs, idolorum cultui dedila, fuit mirabiliter destructa. fluctibusque stagni absorpta, et juxta litus condita S. Iustac civitas, cui nomen dedit S. Iusta, Virgo ct martyr, quae cum sanctis Virginibus Iustina, et Enedina, miraculis clara, magna sardorum frequentia colitur in templo ipsius urbis maximo, eisdem sanctis dicato, noi sedes crat episcopalis. . . . . .1

Questo popolato Hiadis, se pur non rappresenta l'eco di una tradizione popolare comune a tutti i paesi posti in vicinanza a paludi ed a stagni, dovette ad ogni modo esser misera cosa, se a noi di essa non pervenne menzione alcuna per parte degli storici romani. Certo è da escludersi ch'essa avesse tale importanza da poter fornire nei suoi avanzi, colonne così ricche e capitelli così eleganti come quelli che sono nella Chiesa di S. Giusta.

  1. Fara, De Chorographia Sardiniae, pag. 95.