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LIBRO SETTIMO — 1810. 87

si confusero i nomi, e a tal si giunse che titolo e feudo senz’armi fu creduta nobiltà. Onde al tempo della prodiga razza Angioina, donati o a vilissimo prezzo venduti i titoli e i feudi, uomini abbietti ma ricchi salirono ai più alti seggi della nobiltà titolare; e peggio sotto gli avari governi vicereali; quando a poca ed incolta terra del demanio regio apponevasi titolo di baronia o più magnifico, e si concedeva all’offerente di maggior prezzo. Perciò la nuova stirpe borbonica trovò titoli moltissimi, che poscia i re Carlo e Ferdinando accrebbero per nuovi favori; così che nel 1806 la nobiltà napoletana consisteva in una moltitudine di titoli, senz’armi o potenza: nudo ed inutile nome.

XXXVI. Il popolo, a considerarlo oppresso dai feudatarii, si direbbe che aveva interessi contrarii agli oppressori, e che il meglio degli uni fosse il peggio degli altri. Ma così non era nel fatto; dappoichè sotto baroni potenti e guerrieri molti soggetti dedicavansi alla fortuna del capo, combattevano, soggiacevano a’ casi varii di guerra e di parte, avevano moti, opere, speranze, nelle quali vicissitudini risiede il sentimento e ’l diletto del viver politico. Ma quando la feudalità, non più guerriera, divenne incurante di parti e di milizia, il popolo non sentiva di lei fuorchè il peso e la superbia. E perciò a’ tempi del viceregno, col cadere dell’alta feudalità, il popolo decadeva.

Questa che ho detto era la condizione di ogni popolo in ogni feudo; ma il popolo unito di tutti i feudi, ossia lo stato, serbava qualità proprie a sè. Ne’ tempi della feudalità guerriera, baroni e popoli combattenti fra loro, non avevano interesse comune, non leggi universali, non conformità di azioni, non forza pubblica, non nazione; tutti i mezzi mancavano al progresso della civiltà e della indipendenza. Ed a’ tempi della feudalità corrotta, i vassalli oppressi da’ baroni, i baroni dal re, surso il brigantaggio armato; specie di conforto e di libertà nella universale abbiezione di genti che sentono de’ mali il peso ed il fastidio, ma divise per vizii o per abitudini non sanno prorompere in generose rivoluzioni. E così, ora più ora meno disordinato, sccondo il variare de’ tempi, restò il popolo sino all’anno 1806.

XXXVII. Nel qual tempo molto ancora restava di feudalità. I diritti (sia permesso anche a me invilir questa voce, che per molto uso è meglio intesa), i diritti feudali su le persone si mantenevano apertamente in alcuni feudi, ed in altri furono mutati a pagamento; parecchie angarie o perangarie, come il lavoro di contadini nelle terre baronali, l’officio di corriere, altri servigi domestici, duravano in molte comunità. I diritti su le cose erano esorbitante; le terre; le industrie, i boschi, i fiumi, le acque per fino le piovane, ogni prodotto, ogni entrata; gravate di taglie o