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80 LIBRO SETTIMO — 1810.

coprendosi delle folte piante del bosco, inosservato gli si avvicina, e gli dirige altro colpo che gli apre il petto. Cade Parafanti supino, cadono altrove abbandonate le armi: il feritore lo crede estinto, ed avido di preda corre sopra di lui, si china al corpo e ’l ricerca, Ma quegli era moribondo non morto, ed aveva ancor sane le robustissime braccia; afferra quindi il suo nemico e a sè lo tira; col sinistro braccio lo cinge e lo tiene, arma la destra di pugnale che ancora nascondeva tra le vesti, gliel punta ai reni, preme, il trapassa, incontra il proprio petto e il trafigge. Così per una morte trapassarono insieme le due anime avverse, nella mente degli uomini abbracciate in amplesso infame e terribile.

XXIX. I fatti della Calabria raccontati ed esagerati dalla fama agevolarono l’opera nelle altre province al general Manhes, ch’ebbe carico di esterminare il brigantaggio in tutto il regno. Ed in breve lo esterminò, e quella forse fu la prima volta nella vita del sempre inquieto e diviso popolo napoletano, che non briganti, non partigiani, non ladri infestassero le pubbliche strade e le campagne. La corte di Sicilia e gl’Inglesi, mancata materia agli incendii civili, più non lanciavano sopra noi le consuete fiaccole della discordia; la polizia potè abbandonare le pratiche severe ed arbitrarie; la giustizia vendicando le sue ragioni sciolse le commissioni militari, rivocò le squadre mobili, tolse a’ comandanti militari delle province ogni facoltà su le civili amministrazioni; le intraprese della industria rinvigorirono; e rianimato il commercio interno, i mercati e le fiere, per lo innanzi deserte, ripopolarono; il regno prese l’aspetto della civiltà e della sicurezza pubblica. Quindi le benefiche instituzioni dei due nuovi regni, sino allora per i disordini del brigantaggio ed i rigori della polizia ignote al popolo e dispregiate, furono palesi e gradite.

La quale immagine di felicità pubblica, nuova e inspirata generò lodi altissime al generale ed al governo. Ma dipoi satollo del bene, e come usa il popolo per leggerezza ed ingratitudine, andava rammentando le crudeltà delle Calabrie, ai fatti veri aggiungendo i falsi, inventati da maligno ingegno, creduti dalla moltitudine, registrati per fino nei libri che dicevano d’istoria. Perciò doppia, buona e pessima, è la fama del generale Manhes; ed io fra le opposte sentenze dirò la mia. Egli inumano, violento, ambizioso, corrotto dalla fortuna e dalle carezze del re, tenendo come principii di governo gli eccessi delle rivoluzioni, ma sommamente retto, operoso, infaticabile, tenace del proponimento, riguardava la morte dei briganti come giusta, e le crudeltà come forme al morire, che, poco aggiungendo al supplizio, giovano molto all’esempio. Credeva necessaria l’asprezza delle sue ordinanze, e poichè pubblicate, legittimo l’adempimento. La sua opera quale fosse per lo avvenire l’ho detto