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4 LIBRO SESTO — 1806.

pagavano, per far nuove strade, tasse gravose, rivolte oscuramente ad altri usi o capricci del re e de’ ministri. Vedevi grandi pianure fertili un tempo, abbandonate alle acque; il Garigliano, il Volturno, l’Ofanto mal contenuti fra’ margini; il lago Fucino, alzando di giorno in giorno, sommergere terreni e città; sboscate le montagne, le pianure imboschite.

IV. L’amministrazione non avea leggi proprie, nè ministro presso il re, nè magistrato nelle province che se ne desse pensiero. Ciò che dipoi è stato inteso col nome di amministrazione e affidato al ministro dell’interno andava spicciolato fra gli altri ministeri, o abbandonato o ignoto. Le entrate municipali nascevano da proprietà o da tasse, con le quali accumulate pagavano i tributi al fisco; del resto giovando per invecchiato genio di prepotenza a’ maggiori possidenti delle comunità, serbandone poca parte a’ bisogni pubblici. La separazione de’ patrimonii fiscale e municipale, la strettezza del primo, l’ampiezza dell’altro, sono indizii della prosperità di uno stato, come le condizioni opposte attestano la sua miseria.

Amuninistravano le rendite comunali un sindaco e due eletti, il municipale consiglio mancava, gli eleggeva per gride il popolo chiamato a parlamento, la qual civile instituzione, non pari alle altre, era nocevole; falsa e sterile apparenza di libertà in quelle incomposte radunanze di plebe, servi, e poveri, e sfaccendati: brigavano le scelte per danari e tumulti; i conti erano dati tardi o non mai; il patrimonio comune fraudato, e le revisioni fallaci per complicità, o pericolose per vendette. Mancava l’amministrazione di distretto e di provincia; un tribunale supremo di ragionieri sedente in Napoli (la Regia Camera) giudicava lentamente i conti municipali, ignorandone le origini. L’ordine della pubblica amministrazione mancava affatto nel regno.

V. Le cose dette dell’esercito in ogni libro, e più nel libro quinto, schiariranno quelle che son per dire intorno ad alcune condizioni di guerra proprie al terreno ed alla storia di Napoli. Ultima parte della Italia è questo regno; il mare lo confina in tre lati, si unisce per il quarto alla terra: la Sicilia, che sarebbe sua cittadella se alla vicina Calabria per opere militari fosse congiunta, n’è separata dalla nudità della marina, dal procelloso canale del Faro, e dal nemico genio degli abitanti. La posizione geografica del reame non dà scampo ai difensori; estremo è il cimento, estremo il combattere: e in tanta disperata sorte disputandosi nelle guerre antiche e moderne non già una città, un porto, una provincia, ma il regno intero, le armi sempre decidevano del governo e dello stato, della vita e delle fortune dei cittadini. Di là viene che il maggior numero pensando alla vastità dei pericoli, la sperato salvezza dal