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LIBRO SETTIMO — 1810. 75

infortunio distrugge. Egli dunque, Napoleone, agguagliato agli altri re, diede agl’interessi della rivoluzione luogo e speranza nella legittimità; e se per lo innanzi aveva annodato all’impero i partigiani dei re nemici, oggi portava sè stesso e i suoi seguaci nelle parti contrarie. Quello errore di Bonaparte ha spento innanzi tempo la instituzione politica de’ re nuovi, ch’ esser poteva un periodo nella vita delle società.

XXVI. Non appena finite le cerimonie di Parigi, il re tornò in Napoli e scortamente palesò il disegno di assaltar la Sicilia. La fama disse, ed è credibile, che l’altiera regina di quell’isola, sdegnata del dominio inglese, rianimando le speranze al trono di Napoli da che l’imperator dei Francesi aveva tolta per moglie una sua nipote, trattar facesse con Bonaparte secreti accordi, e concludesse: scacciar da Sicilia gl’Inglesi con le proprie milizie, non aver soccorso da’ Francesi se non chiesto da lei; ricuperare il regno di Napoli e governarlo alleato e dipendente della Francia con le leggi francesi. 1l qual disegno più che trattato, non pubblico, non scritto, piaceva alla fiera donna come speranza meno di regno che di vendetta, e giovava allo scaltro imperatore come guerra agl’Inglesi, ed occasione a lui di conquistare quell’ isola. Ma era difficile l’adempimento, dovendo ignorare lo scopo della impresa i medesimi che la operavano, il re di Sicilia, il re di Napoli e i due eserciti e i due popoli; ed avendo in animo, la regina e imperatore, di schernirsi l’un l’altro dopo il successo. Era un artifizio d’inganni, più atto alle civili discordie che a politici mutamenti.

Frattanto Gioacchino sempre pronto alla guerra, abbagliato e spinto da Bonaparte, si preparava all’impresa, quando un vascello raso inglese di cinquanta cannoni venne a navigare nel golfo di Napoli, ond’egli comandò che una sua flottiglia, composta di una fregata, una corbetta, un brick, un cutter e sei cannoniere lo assalissero. Non evitando quel vascello lo scontro, i moltissimi spettatori della città tenevano certa la vittoria; ma nel cominciare del combattimento il comandante napoletano perdè un braccio, il sotto capo ed altri uffiziali della fregata morirono, mancò l’arte ed il vento, tutti i nostri legni furono danneggiati, il brick affondato. Si fece segno di ritirata, e tornando in porto, si numerarono cinquanta morti, centodieci feriti. Quella sventura diede a Gioacchino stimolo e desiderio di vendetta in Sicilia, e però accelerati i preparamenti e preso il nome di luogotenente dell’imperatore, pose a campo nella estrema Calabria, su la riva del Faro, tra Scilla e Reggio, un esercito più francese che napoletano, aspettando, come l’imperatore avea prescritto, di condurlo in Sicilia; ma non muovere se non lo assentisse il generale Grenier, che Bonaparte aveva eletto comandante delle schiere francesi, con ordine in secreto (ciò fu sospet-