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LIBRO SETTIMO — 1809. 69

tari con le consuete celeri forme: egual pena di morte avessero i promotori e sostenitori del brigantaggio, benchè non inclusi nelle liste, e questi in apparenza vivendo nelle città, s’incarcerassero le famiglie dei capi più conti delle bande; ed infine, dei briganti dannati a morte s’incamerassero i beni. Formate le liste, si vide maggiore di quel che credevasi la mole del brigantaggio; ed era fortuna che le bande non avessero accordo, nè simultaneità di opere, nè unità di obbietto, e senza ordini guerreggiassero e senza regole: condizioni necessarie a gente avventicce, per malvagità radunate.

La polizia ritornata in potenza e rianimati i già depressi suoi ministri, ripigliò le antiche pratiche. A sua dimanda fu fatta altra legge che imponeva alle comunità la compensazione dei furti e danni arrecati nel territorio dal brigantaggio; e poichè le comunità popolose e ricche potevano tener lontani i briganti, quella rigidezza colpiva le più misere. La facoltà d’incarcerare le famiglie dei fuorgiudicati produsse miserevoli arresti di vecchi padri, vecchie madri, innocenti sorelle, giovani figliuoli; ma si aveva almeno alle crudeltà la certa guida del parentado: la facoltà d’incarcerare i promotori e gli aderenti, vaga, arbitraria, facile agli errori ed agl’inganni, produsse mali smisurati ed universale spavento. Tal rinacque il rigore, che, se la benignità del re non avesse temperata in molti casi l’asprezza delle sue leggi; o se gli afflitti non fossero stati ultima plebe, di cui sono bassi non sentiti i lamenti, quel tempo del regno di Giacchino avrebbe pareggiato in atrocità e mala fama i più miseri tempi di Giuseppe.

Le milizie, levati i campi, spartite nelle province, a mala pena tenevano fronte ai briganti. Quattro compagnie francesi, cinquecento soldati, rotte in Campotanese, furono sforzate a ritirarsi; altra squadra di quarantotto uomini, accerchiata tra i monti di Laurenzana, fatta prigione e trucidata: il comune di San Gregorio, guardato da quattrocento soldati tra Napoletani e Francesi, assalito e preso. Potenza, capo di provincia, investita e non espugnata perchè chiusa di mura ed a tempo soccorsa. Così triste furono le cose interne nella estate dell’anno 1809 per effetto della spedizione anglo-sicula: dipoi minorò il brigantaggio dai combattimenti e dai perdoni, ma non fu spento, come dirò a suo luogo, se non al finire del 1810.

XVII. Le riferite sventure attristavano le province, dappoichè nella città il contento de’ superati pericoli, lo splendore della corte, e la festa che si apprestava per il di natale dell’imperatore Napoleone davano a’ riguardanti la immagine di felicità pubblica. E quindi in Europa la doppia fama sul regno di Gioacchino, laudato dagli uni, che solo miravano la reggia e la città, biasimato dagli