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LIBRO SETTIMO — 1809. 65

mole di contese principal motivo, come ho detto innanzi, far diversione alle guerre maggiori d’Italia e di Alemagna; ma pure altre cagioni movevano la corte di Sicilia e i partigiani suoi: speranza di regno, cupidità di punire, di bottino e vendette.

XIV. Dalla nostra parte tutte le difese si preparavano, tutte le milizie si mossero. Gioacchino, di natura operoso ed or viepiù per interessi gravi e proprii, spediva comandi, provvedimenti, consigli; recavasi di persona nei campi, nei quartieri, alle marine; ordinò per custodia della città la milizia urbana, che chiamò di volontari-scelti, alla quale si ascrissero in breve tempo, per difesa comune e per desiderio di piacere al re, i magistrati, i nobili, gli uffiziali del governo, i potenti per nome o per ricchezza; richiamò da Roma il ministro Saliceti, sperimentato istromento di polizia, e per bisogno, non per affelto, gli concesse l’antica potenza. Le schiere si adunarono in tre campi, uno a Monteleone di quattromila soldati, altro in Lagonegro di milaseicento, il terzo di undicimila in Napoli e nei dintorni: erano meno di diciassette migliaja i combattenti per Murat; avendone poco innanzi mandate in Roma altre sei migliaja per operare i politici cambiamenti dei quali ho discorso, e stando altri reggimenti nel Tirolo e in Ispagna. Procuravano la tranquillità interna del reame le milizie provinciali e la fortuna; guardavano la città i volontari-scelti; presidiavano le fortezze pochi e i meno validi soldati dell’esercito. Ma tante agitazioni copriva apparenza di calma; e sì che vedevasi il re sempre lieto fra popolani, la regina coi figli al pubblico passeggio ed ai teatri, le spese di lusso accresciute; i magistrati, gli offizii, il consiglio di stato agli ordinarii negozii; gli atti e i decreti del governo come dei tempi di pace e di sicurezza.

L’armata nemica procedeva, sbarcando nei luoghi meno guardati della marina pochi soldati, non pochi briganti; questi per correre il paese, quelli per tenersi accampati alcune ore, e tornar volontarii o scacciati alle navi. Così lentamente navigando per dieci giorni giunse alle acque di Napoli, e spiegò a pompa, di rincontro alla città, le vele; delle quali, per il gran numero de’ legni e per lo studio a schierarli, pareva il golfo coperto. Così restò per due giorni, e nel terzo assaltò Procida ed Ischia, meno per disegno di guerra che per curare gl’infermi e dar ristoro ai cavalli: Procida si arrese alle prime minacce, Ischia fece debole resistenza; pochi soldati che guardavano quelle due isole, andarono prigioni nella Sicilia.

Nei seguenti giorni quei legni rimasero nelle posizioni stesse oziosi, onde l’immenso popolo della città, che al primo apparire della flotta sbigottì, oramai stava a rimirarla come spettacolo, Pochi fanti, più cavalieri guardavano la spiaggia da Portici a Cuma; alcuni battaglioni custodivano il colle di Posilipo; il resto dell’eser-

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