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LIBRO SETTIMO — 1808. 57

carte. Il registro delle nascite, delle morti, dei matrimonii fu confidato a magistrati civili; il matrimonio non poteva celebrarsi in chiesa come sacramento, se prima non celebrato nella casa del comune come patto di società. Il registro delle ipoteche fu aperto; e più dello stato civile ebbe contrasto, perocchè molti particolari interessi gli si opponevano: ma saldo il governo nel suo proponimento, le proprietà furono chiarite, i crediti assicurati: molte case nobili, che fra i disordini e le trascuranze della famigliare economia ignoravano il vero stato del patrimonio avito, trovandolo scarso o nullo, di ricchissimo che il supponevano, ne incusavano a torto il governo e le nuove leggi. Per le provvidenze di quel libro non più si videro ingannevoli fallimenti, patrimonii dedotti, amministrazioni economiche date o chieste, cedo bonis, ed altre di altri nomi fraudi alla proprietà, tanto frequenti nei passati tempi.

VII. Per la parte amministrativa furono ordinate con un sol decreto la municipalità di Napoli e la prefettura di polizia; e date a quella, tolte a questa parecchie facoltà; sì che la già odiosa prefettura divenne magistrato men regio che civico. Fu nominato un corpo d’ingegneri di ponti e strade: questa parte di pubblica amministrazione istromento di civiltà e di ricchezze, affatto trasandata sotto il dominio dei vicerè, sentì la magnificenza di Carlo Borbone, come ho riferito nel primo libro; ma quella virtù non fu dal figlio seguita, sì che nel suo regnare lunghissimo poche nuove strade si costruirono, e meno per pubblica utilità che a comodo delle proprie ville o cacce. Sotto Giuseppe surse un consiglio di lavori pubblici, e due ispezioni per i ponti e strade: il consiglio rimase sotto Gioacchino, le ispezioni si slargarono in un corpo d’ingegneri numeroso, abilissimo, del quale dirò le opere a suo luogo.

Un decreto, tra molti di Giuseppe, prometteva in Aversa una casa di educazione per le fanciulle nobili. Con altri decreti Gioacchino la fondò in Napoli, nello edifizio detto de’ Miracoli; e poichè prendevane cura suprema la regina, fu detta dal suo nome Casa Carolina. La nobiltà delle fanciulle non era ricercata ne’ titoli e nelle memorie degli avi, bensì nella presente onestà e nel vivere agiato e civile della famiglia; onde l’istesso accoglieva i nomi più chiari per antico legnaggio, edi più pregiati della nuova età. La casa in sette anni cresciuta di merito, grandezza e fama; conservata, benchè odiati cadessero i fondatori nel 1815, si mantiene ancora con le prime regole; ed è stata ed è potente cagione dei costumi migliorati delle famiglie, e dell’incontrarsi spesso virtuose consorti, provvide madri amorose delle domestiche dolcezze. Io ho discorso in questo libro, e spesso discorrerò in poche righe, tempi e fatti lontani, così esigendo l’indole del regno di Gioacchino, che fu di ridurre ad atto e migliorar le instituzioni teoriehe ed imperfetto di