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48 LIBRO SESTO — 1808.

frattanto fu errore non senno, e sdegno non consiglio ciò che ritenne i Napoletani a non curarne l’adempimento; perocchè cento notabili si adunavano in parlamento quando, estimavasi virtù parlare a grado del popolo, sotto re nuovi, fra timori di regno. L’indole delle numerose congreghe, qualunque sieno i congregati, è sempre quella del tempo; e lo attestano i secoli della feudalità, delle libertà municipali, del papato, delle crociate; tal che i Napoletani, meglio conoscendo la loro età, avrebbero trovato nella qual si fosse costituzione di Bajona un ritegno al dispotismo.

LII. In luglio di quell’anno 1808 partì verso Francia la famiglia del re Giuseppe, la moglie e due figliuoli, tre mesi avanti senza pompa regia e quasi senza grido giunte in Napoli. Ma non così modesta ne fu la partenza, che, appena divolgata, andarono in corte a fare augurii di felicità i grandi uffiziali della corona, i ministri, i consiglieri di stato, la municipalità, i generali, i magistrati, le società, le accademie: era la regina di Spagna che partiva. Nel giorno della mossa le milizie francesi e napoletane si schierarono a mostra nella strada di Toledo; la regina uscì del palazzo, il maresciallo dell’impero Jourdan precedeva a cavallo la carrozza regia; gli ambasciatori de’ potentati stranieri e numeroso corteggio la seguivano; l’immenso popolo spettatore accresceva magnificenza allo spettacolo; e benchè fosse a calca raccolto per curioso talento, appariva riverenza pubblica. A molti cavalieri e dame si diè commiato da Aversa; ad altri da Capua; i ministri, i consiglieri di stato, altri segnalati personaggi furono congedati alla frontiera del regno; tre dame, la duchessa di Cassano, la marchesa del Gallo, la principessa Doria Avellino ed un cavaliere, il principe d’Angri, accompagnarono la regina in tutto il viaggio e ne tornarono ricchi di doni.

Queste pompe richiamavano alla memoria le sorti più spesso infelici delle passate regine di Napoli. La prima Costanza, stirpe de’ Normanni, moglie dell’imperatore Arrigo, tradita in Salerno e fra catene mandata in Sicilia al re Tancredi suo nemico. Indi a poco Sibilla tradita anch’essa, assediata e presa in piccolo castello, condotta prigioniera in Alemagna col suo tenero e sventurato Guglielmo ed altre due misere figliuole. Elena moglie di Manfredi ansia, dopo la perduta Battaglia, delle sorti lungamente ignote del tradito re; infelicissima quando il cadavere fu trovato sozzo e straziato da’ nemici e da’ sudditi; assediata in Lucera; cattiva di Carlo nel castello dell’Ovo, ed ivi per ventura morta prima che vedesse le miserie estreme de’ tre suoi figli. Sancia vedova di Roberto, oppressa in cento modi dalla fortunata Giovanna sua nipote, costretta a chiudersi e morire nel convento di Santa Croce. Questa Giovanna, poco appresso, svergognata, avvilita, assediata due volte ne’ suoi stati da’ suoi soggetti, pubblicamente adultera, pubblicamente giudicata,