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LIBRO SESTO — 1808. 47

gione dello stato, confermava la cattolica apostolica romana. Il 2°. della corona, il 3°. della reggenza, il 4°. dalla famiglia reale, provvedevano a’ casi di morte del re, alla discendenza, alla minorità; era parte del quarto capo la dote della corona; e fu visto che al re Giuseppe e alla poca sua famiglia erano dati ogni anno, fra pagamenti del tesoro pubblico e demanio regio, due milioni o poco meno di ducati, ottava parte della finanza: modestia forse per antico re, esorbitanza di nuovo, scandalo e danno nelle presenti strettezze. Il 5°. capo, degli uffiziali della corona, tanti ne stabiliva quanti erano nella corte di Napoleone imitatrice in largo della più antica de’ re di Francia. Il 6°. del ministero, il 7°. del consiglio di stato, rendevano costituzionali que’ due già formati collegi.

L’8°. capo, del parlamento, statuiva un’ adunanza di cento membri, divisa in cinque sedili, del clero, della nobiltà, de’ possidenti, de dotti, de’ commercianti: ottanta de’ cento scegliersi dal re; i venti possidenti, a tempi e forme prescritte, da collegi elettorali nominati dal re: gli ecclesiastici, i nobili, i dotti essere a vita; i possidenti e commercianti variare in ogni sessione: il parlamento adunarsi una volta almeno in tre anni; e il re, che il convocava, prorogarlo a piacimento e discioglierlo: trattare delle sole materie date ad esame dagli oratori del governo; nulla da sè proporre; ciò che voce moderna chiama iniziativa delle leggi, non essere che regia: le sessioni segrete, i voti e le deliberazioni in verun modo palesate; la pubblicazione surrettizia, punirsi qual ribellione.

Il 9°. capo, dell’ordine giudiziario, il 10°. dell’amministrazione provinciale assodavano costituzionalmente le già pubblicate leggi sopra quelle materie. L’11°. (ch’ era l’ultimo), disposizioni generali, diffiniva la cittadinanza, i suoi diritti, il modo di concederla a’ forestieri, confermava l’abolizione della feudalità, garentiva il debito pubblico, manteneva le vendite de’ beni dello stato, rimetteva ad altro tempo le provvidenze per la seconda Sicilia. Non faceva motto di popolo, di sovranità; di libertà civile. di personal sicurezza, che pur sono le pompe, quasi che vane, delle moderne costituzioni.

Quella legge, detta statuto di Bajona perchè avea data di Bajona del 20 di giugno del 1808, era garentita al regno delle due Sicilie dall’imperatore Napoleone, che allora vantava liberalità verso i popoli per meglio ingannare la Spagna; legge poco intesa nel regno e mal gradita, rimproverando ai reggitori lo sfoggiar nomi di libertà e di pubblico bene fra le catene e le miserie di quei tempi. Ed invero costituzioni, convenevoli forse alla civiltà del diciassettesimo secolo, sconvenivano al decimonono dopo che tanto e troppo erasi parlato di libertà, di eguaglianza, di ragioni de’ popoli. Ma