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38 LIBRO SESTO — 1807-8.


Lo scaltro imperatore de’ Francesi vide in quei disordini la opportunità di facile conquista, e la bramò. Il suo esercito che tragittava per la vecchia Castiglia onde arrecar pene al Portogallo dell’amicizia britanna, il sentimento d’irresistibile forza per le recenti vittorie di Freidland e di Jena, il nessun sospetto di vicina guerra dopo i trattati e le conferenze di Tilsit, il motivo di assaltare la Spagna dall’editto di guerra del principe della Pace, il benefizio o il bisogno di sottoporre que’ popoli guerrieri a principe della sua casa e discacciarne la stirpe borbonica pericolosa e nemica, infine l’ambizione, la insazietà d’imperii gli posero in animo il proponimento di aggiungere a’ suoi dominii la penisola, da’ Pirenei all’Oceano. Scala dell’ardito disegno furono le passate fortune, sì che la impresa di Spagna e le succedenti rovine si trovano legate agli stessi eventi che lo avevano menato a quell’altezza, e formano la impercettibile necessaria catena di cause e di effetti regolatrice del mondo: quindi ogni opera umana se portasse impresso lo stato morale dell’operante, assai più esatti sarebbero i nostri giudizii; parecchie azioni, credute errori, apparirebbero necessità, e molto di maraviglia perderebbe la istoria. Napoleone stabilì di condurre al trono di Spagna il re Giuseppe, il quale essendo della stirpe francese e passandovi dal trono di Napoli rammentava i fasti di Luigi XIV e di Carlo III, ed appagava la insana napoleonica voglia d’imitare i Borboni. Giuseppe nell’ultimo mese del 1807 recatosi a Venezia e avuti con l’imperatore segreti abboccamenti, ritornò in Napoli.

Seco trasse il decreto imperiale dato in Milano nel dicembre, più ampio dell’altro di Berlino del precedente novembre, ambendue relativi al blocco continentale, divenuti leggi europee. Se in quei decreti alcuno cercasse le regole della economia pubblica, fremerebbe al vedere spezzato il commercio fra nazioni, tolto premio all’industria, menomati alcuni valori, altri distrutti; e direbbe, nel rogo dove ardevano le manifatture inglesi bruciare i libri dello Smith e del Say, Ia bussola di Gioja, i frutti dell’opera prodigiosa del Colombo. Perciò ii blocco sembrò alla moltitudine nuovo delirio dell’umano spirito; ma sebbene suggerito da sdegno e da vendetta, fu ponderato concetto di Bonaparte, sapienza di stato, e mezzo tale di guerra che fiaccava le armi più potenti del nemico, le ricchezze. Per esso le industrie, chiamate dal bisogno ed allettate da smisurato guadagno, multiplicarono; e però cresciute in Europa le produzioni, il commercio nuovo disordinò l’antico, ma le condizioni della vita e della civiltà migliorarono. E per le stesse cause fu visto con meraviglia nell’anno 1815 nazioni ricche in guerra impoverire nella pace.

XL. In una lunga e fosca notte del gennajo, scoppio come di mina, secondato dal romore di fabbriche rovinanti, destò dal sonno