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314 LIBRO DECIMO — 1823.

ministri e i magistrati suoi, vedendo l’animo regio non inchinato a nessuna pietà, speravano maggior favore e più larghi premii straziando gli afflitti. Tanto più sicuramente, perchè caduto in quel tempo il governo costituzionale delle Spagne, anche là furon visti tradimenti, fughe, vituperii, tutta la debolezza de’ novatori moderni. E però che in Napoli le sofferenze del popolo e le tristizie del governo durarono costanti, simili, continue per tutto il tempo racchiuso in questo libro, io argomentando l’animo de’ leggitori dalla mia propria sazietà è melanconia, e bastando le già dette cose a rappresentare la miseria de’ tempi, cesserò di narrare altre morti, esigli, fughe, povertà: sventure pur troppo ripetute in queste mie istorie.

XXII. E non meno spietata e fiera fu la natura in quell’anno. La città di Sala fu scossa da tremuoto; altra, Avigliano, franò in gran parte; in Messina, tempesta impetuosa con fulmini e tremuoti scaricò in pioggia tanto stemperata, che i molti torrenti della città e de’ dintorni abbandonando l’ordinario letto devastarono le campagne, abbatterono le case nelle quali più di cento uomini perirono, e tanti sassi e tronchi lasciarono nel piano, che, scomparsa l’antica faccia, vedevasi deserto dove già furono deliziosi giardini o fertili poderi. Molti abitanti della stessa città si ripararono sopra i tetti, molti soffogati perirono.

Disastri maggiori tollerò Palermo per tremuoto.

XXIII. Ne’ quali medesimi anni avvennero morti memorabili. Il general d’Ambrosio chiaro nell’armi, ferito sette volte in molte guerre, dotto, facondo, morì senza il nome e gli onori del grado, e mal visto dal re.

Indi a poco morì altro generale, il duca di Ascoli, del quale dura la fama che nel 1801 fu potente e benigno; negli anni appresso in Sicilia, potente quanto innanzi, ma tristo; e poscia in Napoli dal ritorno de’ Borboni finchè morì, vario come volevano tempi e politica. Costante amico al re, anche allora che fu da lui gastigato,

Morì Nicola Fergola, dotto in matematica, autore di molte opere, modesto e cristianamente umile, sino a pubblicare col nome di alcun discepolo i prodotti del proprio ingegno a fin di scemarsi gli onori, ma gli crescevano.

Mori Giuseppe Piazzi, astronomo chiaro nel mondo. La città di Palermo da lui onorata, per le scoperte nel cielo colà fatte, gli rese onori degni del merito e del nome; lo effigiò in bronzo, e disegna di ergergli un monumento.

Morì la vecchia principessa di Torella, della qual morte non parlerei se non fosse stata cagione di caso pietosissimo. Si portavano le sue spoglie nel sepolcro gentilizio della casa Caracciolo Torella, dove tempo innanzi furono deposte le ceneri di Cristoforo Saliceti,